Da “Redemptoris Missio” di Giovanni Paolo II, n. 88.90
Vivere il mistero di Cristo «inviato». Il vero missionario è il santo
Nota essenziale della spiritualità missionaria è la comunione intima con Cristo: non si può comprendere e vivere la missione, se non riferendosi a Cristo come l’inviato a evangelizzare. Paolo ne descrive gli atteggiamenti: «Abbiate in voi gli stessi sentimenti che furono in Cristo Gesù, il quale, pur essendo di natura divina, non considerò un tesoro geloso la sua uguaglianza con Dio; ma spogliò se stesso, assumendo la condizione di servo e divenendo simile agli uomini; apparso in forma umana, umiliò se stesso facendosi obbediente fino alla morte e alla morte di croce». (Fil 2,5) È qui descritto il mistero dell’incarnazione e della redenzione, come spoliazione totale di sé, che porta Cristo a vivere in pieno la condizione umana e ad aderire fino in fondo al disegno del Padre. Si tratta di un annientamento, che però è permeato di amore ed esprime l’amore. La missione percorre questa stessa via e ha il suo punto di arrivo ai piedi della croce. Al missionario è chiesto «di rinunziare a se stesso e a tutto quello che in precedenza possedeva in proprio e a farsi tutto a tutti»: nella povertà che lo rende libero per il vangelo, nel distacco da persone e beni del proprio ambiente per farsi fratello di coloro ai quali è mandato, onde portare a essi il Cristo salvatore. È a questo che è finalizzata la spiritualità del missionario: «Mi sono fatto debole con i deboli…; mi sono fatto tutto a tutti, per salvare a ogni costo qualcuno. Tutto io faccio per il vangelo…». (1 Cor 9,22) Proprio perché «inviato», il missionario sperimenta la presenza confortatrice di Cristo, che lo accompagna in ogni momento della sua vita «Non aver paura…. perché io sono con te» (At 18,9) e lo aspetta nel cuore di ogni uomo.
La chiamata alla missione deriva di per sé dalla chiamata alla santità. Ogni missionario è autenticamente tale solo se si impegna nella via della santità: «La santità deve dirsi un presupposto fondamentale e una condizione del tutto insostituibile perché si compia la missione di salvezza della chiesa». L’universale vocazione alla santità è strettamente collegata all’universale vocazione alla missione. ogni fedele è chiamato alla santità e alla missione. Tale è stato il voto ardente del concilio nell’auspicare «con la luce di Cristo, riflessa sul volto della chiesa, di illuminare tutti gli uomini, annunziando il vangelo a ogni creatura». La spiritualità missionaria della chiesa è un cammino verso la santità. La rinnovata spinta verso la missione ad gentes esige missionari santi. Non basta rinnovare i metodi pastorali, né organizzare e coordinare meglio le forze ecclesiali, né esplorare con maggior acutezza le basi bibliche e teologiche della fede: occorre suscitare un nuovo «ardore di santità» fra i missionari e in tutta la comunità cristiana, in particolare fra coloro che sono i più stretti collaboratori dei missionari. Ripensiamo, cari fratelli e sorelle, allo slancio missionario delle prime comunità cristiane. Nonostante la scarsezza dei mezzi di trasporto e comunicazione di allora, l’annunzio evangelico raggiunse in breve tempo i confini del mondo. E si trattava della religione del figlio dell’uomo morto in croce, «scandalo per gli ebrei e stoltezza per i gentili»! (1 Cor 1,23) Alla base di un tale dinamismo missionario c’era la santità dei primi cristiani e delle prime comunità.
Views: 1