Tutti i Santi (S)

Tutti i Santi (S)

PADRI MONASTICI DEL XII SECOLO

 

Dai sermoni sul Cantico dei Cantici di San Bernardo, abate  (41,7)

(La Chiesa) medita con tutta devozione le piaghe di Cristo, e con costante contemplazione abita in esse. Di qui la pazienza del martire, di qui la sua grande fiducia nell’Altissimo. Poiché guardando le piaghe di lui non sentirà le sue. Ecco il martire tripudiante e trionfante, sebbene abbia tutto il corpo lacero, e mentre il ferro gli penetra i fianchi non solo con fortezza ma con ardore vede ribollire il sacro sangue dalla sua carne. Dov’è allora l’anima del martire? E’ al sicuro, cioè nella pietra, nelle viscere di Gesù, che con le ferite aperte invita ad entrarvi. Se l’anima del martire fosse nelle sue proprie viscere, certamente sentirebbe il ferro che le lacera, e non sopporterebbe il dolore e soccomberebbe rinnegando. Ma abitando nella pietra, che meraviglia c’è se è duro come la pietra? Ma non fa neppure meraviglia se, assente in qualche modo dal corpo, l’anima non sente i dolori del corpo. Questo è effetto non di insensibilità, ma di amore. Il senso viene sottomesso, non perso. Non manca il dolore, ma viene disprezzato. Dunque, dalla pietra derivala fortezza del martire, da essa il martire ottiene di essere forte nel bere il calice del Signore. E come è splendido questo calice inebriante! Splendido dico, e giocondo, non meno a Cristo che guarda quanto al soldato trionfante. Il gaudio infatti del Signore è la nostra fortezza (2 Esd 8,10).

Dai Sermoni sul Cantico dei Cantici di Giovanni di Ford

Le figlie di Gerusalemme ora vogliono che la sposa le informi diligentemente sulle sembianze del suo amato, per assolvere il loro compito e cercare il diletto senza vagare dietro il gregge dei loro compagni1^. Per questo domandano: In che cosa si distingue il tuo amato da un altro, o tu, la più bella fra le donne? Con questa richiesta, presentata con dolcezza, fanno allusione al volto desiderabile dello sposo, e delicatamente lo ricordano alla sposa. Sono state mandate sulle sue tracce e, mentre richiedono alla sposa come sia il suo volto, ecco che già cominciano a cercarlo. Com’è, dicono, il tuo diletto? Tu hai visto il tuo magnifico; a te sola fra i mortali è ben noto quello splendido volto, perché impresso nei tuoi occhi e nel tuo cuore. Tu, regina, ammaestra le tue giovanette; tu, madre, istruisci queste figlie, e tu, la più bella fra le donne, mostra alle inesperte fanciulle com’è il tuo amato. Non cerchiamo ora com’è fatta la sua persona, sappiamo, infatti, che egli non è altro che Gesù Cristo, il Verbo del Padre, il Figlio della Vergine.

 

Da “Perfetti nell’amore” di Baldovino di Ford

Credo, Signore, nello Spirito santo, nella santa chiesa cattolica, nella comunione dei santi. Là risiede la mia speranza, il mio coraggio, la mia fiducia; là è fondata la mia sicurezza, per quanto piccola, quando confesso la mia fede: nella benevolenza dello Spirito santo, nell’unità della chiesa cattolica, nella comunione dei santi. Se anche mi verrà dato dall’alto di amare te e di amare il mio prossimo, sebbene piccoli e scarsi siano i miei meriti io nutro una speranza ben più alta, che va al di là dei miei meriti: confido che per la comunione della carità i meriti dei santi mi verranno in aiuto, sì che alla mia insufficienza e imperfezione supplirà la comunione dei santi. Mi consola il profeta che dice: “Di ogni cosa perfetta ho visto il limite, ma la tua legge è infinitamente spaziosa”. O spaziosa carità, dilatatrice di spazi, quanto è grande la tua casa, quanto è vasto il luogo del tuo dominio! Non costringiamoci a stare allo stretto nei nostri cuori, non lasciamoci imprigionare entro i confini ristretti della nostra infima giustizia. La carità fa spaziare la nostra speranza fino alla comunione dei santi, in una comunione di meriti e di premi. Ma la comunione dei premi è propria del tempo futuro: è la comunione della gloria che dovrà essere rivelata in noi.

Dalla VI Meditazione di Guglielmo di ST.Thierry

Sento dire, ancora, di quel giorno di festa, solenne per le gioie e le lodi degli angeli, glorioso per le corone degli apostoli e dei martiri, e di tutti i buoni che dall’inizio del mondo ti sono stati graditi; sento dire dell’assemblea ivi radunata e che per questo giorno festoso hai fissato eterne dimore. E se quando, talvolta, vediamo sulla terra due o tre di essi radunati nel tuo nome, mentre tu stai in mezzo a loro, vediamo il loro vivere insieme tanto felice e gioioso, tanto ripieno dell’unguento dello Spirito santo che la benedizione che ivi hai mandato è davanti agli occhi di tutti, quanto più là, dove hai radunato i tuoi santi, che han conferito alla tua alleanza un posto al di sopra dei sacrifici e che, diventati cieli, annunciano la tua giustizia? Non solo il tuo discepolo amato, infatti, ha trovato la via per salire, né solo a lui è stata mostrata la porta aperta nel cielo. Dinanzi a tutti, infatti, ti sei pronunciato non tramite un araldo, non tramite un qualunque profeta, ma tramite te stesso, dicendo: “Io sono la porta; se qualcuno entra attraverso di me sarà salvato”. Tu dunque sei la porta. E quando dici: “se qualcuno entra attraverso di me sarà salvato” appari aperto a tutti coloro che vogliono entrare. Ma se vediamo una porta spalancata nel cielo, noi che siamo sulla terra, che cosa giova a noi, che là non possiamo salire? Risponde Paolo: “Colui che ascende è lo stesso che anche discende”. Chi è costui? L’amore. L’amore per te, infatti, Signore, ascende là in noi, poiché l’amore per noi discende qui in te. Poiché infatti ci hai amati sei disceso qui da noi, amando te ascenderemo là da te.

 

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