Dall’Omelia di san Paolo VI del 14 marzo 1965
(…) Occorre spiegare in che modo l’evento della Trasfigurazione si innesta nella storia evangelica. (…) questa scena del Vangelo pone dinanzi a noi, (…) una questione di grandissima attualità, si direbbe fatta sulla misura delle nostre condizioni spirituali. La domanda è la medesima rivolta da Gesù, sei giorni prima dell’evento sul Tabor, agli Apostoli: Chi dite che sia il Figlio dell’Uomo? La stessa richiesta io ripeto a voi. Ecco che il Vangelo diventa incalzante e urgente sulle nostre anime… Voi, (…) chi dite che sia Gesù? Chi è Gesù in se stesso? La mente corre al Catechismo. Sì, ricordo che Gesù è il Figlio di Dio fatto Uomo. Ma sappiamo noi bene che cosa ciò vuol significare? E inoltre: se Gesù è Dio fatto Uomo, la meraviglia delle meraviglie, chi Egli è per me? Che rapporto c’è tra me e Lui? devo occuparmi di Lui? Lo incontro nel cammino della mia vita? è legato al mio destino? Non basta. Se io domandassi appunto agli uomini del tempo nostro: chi ritenete che sia Cristo Gesù? come lo pensate? ditemi: chi è il Signore? chi è questo Gesù che noi andiamo predicando da tanti secoli e che riteniamo sia ancor più necessario della nostra stessa vita l’annunciarlo alle anime? Chi è Gesù? Alla domanda alcuni, molti, non rispondono, non sanno che dire. Esiste come una nube – e questa sì è opaca e pesante – di ignoranza che preme su tanti intelletti. Si ha una cognizione vaga del Cristo, non lo si conosce bene; si cerca, anzi, di respingerlo. Al punto che all’offerta del Signore di voler essere, per tutti, guida e maestro, si risponde di non averne bisogno, e si preferisce tenerlo lontano.
Quante volte gli uomini respingono Gesù e non lo vogliono sui loro passi, perché o non lo conoscono o, al massimo, lo temono più che identificarlo ed amarlo. Non vogliono che il Signore regni su di loro; cercano in ogni modo di allontanarlo. C’è persino chi urla contro Cristo: Via! – è il grido blasfemo -, alla Croce! Lo vogliono come annullare e togliere dalla faccia della civiltà moderna; non c’è posto per Iddio, né per la religione: si affannano a cancellare il suo nome e la sua presenza. Tale il contenuto di tutto questo laicismo sfrenato che, talvolta, incalza sino alle porte delle nostre chiese e che in tanti Paesi, ancor oggi, infierisce. Non si vuole più nemmeno l’immagine di Cristo.
Ma il tristo fenomeno è degli altri. Noi che siamo qui ed abbiamo questo grandissimo e dolcissimo Nome da ripetere a noi stessi; noi che siamo fedeli, noi che crediamo in Cristo: noi sappiamo bene chi è? Sapremo dirgli una parola diretta ed esatta; chiamarlo veramente per nome; chiamarlo Maestro, Pastore; invocarlo quale luce dell’anima e ripetergli: Tu sei il Salvatore? Sentire, cioè che Egli è necessario, e noi non possiamo fare a meno di Lui; è la nostra fortuna, la nostra gioia e felicità, promessa e speranza; la nostra via, verità e vita? Riusciremo a dirlo, e bene, e completamente?
Ecco il senso del Vangelo di oggi. Bisogna che gli occhi della nostra anima siano rischiarati, abbagliati da tanta luce e che la nostra anima prorompa nella esclamazione di Pietro: Come è bello stare davanti a Te, o Signore, e conoscerti!
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