Ss. Roberto, Alberico, Stefano, Fondatori di Cîteaux (S)

Ss. Roberto, Alberico, Stefano, Fondatori di Cîteaux (S)

Quando:
26 Gennaio 2022 h. 3:15 – 4:30
2022-01-26T03:15:00+01:00
2022-01-26T04:30:00+01:00
Dove:
Monastero Cistercense Valserena

Dal Capitolo XXIX del Grande Esordio di Corrado di Eberbach

 

La chiesa di Cîteaux fonda monasteri in diverse diocesi. Istituzione del capitolo generale. Il privilegio che il signor abate Stefano ottenne con i suoi coabati dalla sede apostolica a conferma del capitolo

 

Crescendo per l’abbondanza della grazia divina il numero delle persone nella chiesa di Cîteaux, quella madre di molti figli cominciò a rallegrarsi, mentre prima aveva a lungo sofferto per la tristezza della sua sterilità. Cominciò quella vigna del Signore degli eserciti a distendere i suoi rami in lungo e in largo e a costituire in diversi posti e diverse regioni delle città di rifugio, perché coloro che avessero versato il sangue delle anime vi potessero trovare asilo. Così, grazie alla morte del Sommo Sacerdote, che entrò una volta per sempre nel santuario con il proprio sangue, avrebbero ottenuto una redenzione eterna e sarebbero stati assolti per sempre dal loro esilio. Difatti le abbazie che quella chiesa stabilì in diverse diocesi per così larga e potente benedizione del Signore andavano crescendo di giorno in giorno, a tal punto da arrivare in meno di otto anni – da quando fu fondata La Ferté, figlia primogenita della casa di Cîteaux che per il significato del suo nome già allora luminosamente prefigurava la fermezza e stabilità dell’Ordine   tra quelli che erano usciti direttamente da Cîteaux e gli altri che da loro avevano preso origine, a costruire dodici cenobi.

Bello davvero a vedersi! Anche in questo furono imitatori del beatissimo Padre Benedetto, essi che con tutto l’ardore dell’anima desideravano emularne la vita e le istituzioni. Come lui infatti, stabiliti i padri, costruì dodici monasteri a cui dette da osservare i precetti della sua Regola, così anch’essi, nel rinnovare l’Ordine secondo la stessa Regola, stabilirono dodici cenobi che, a somiglianza dei dodici apostoli inebriati della grazia dello Spirito Santo offrissero a tutto il mondo la coppa della salvezza.

Ma “prima che cominciassero a fiorire le Abbazie cistercensi”, il reverendissimo padre Stefano, ispirato dallo Spirito Santo redasse con il consiglio dei suoi fratelli quel decreto che si chiama “Carta di carità”. In esso ci viene insegnato in che modo i monasteri del nostro Ordine, diffusi nelle diverse parti del mondo, divisi anche per la diversità delle lingue, grazie a un mirabile legame di carità e di reciproca dimostrazione d’onore, costituiscano una sola chiesa, un solo Ordine, in una parola un solo corpo in Cristo. Ritenne che questo decreto si dovesse chiamare “Carta di carità”, perché le sue norme, rigettando ogni gravame di esazione, hanno di mira unicamente la carità e il bene delle anime nelle cose divine e umane”.

Tra le altre cose che nella Carta di carità furono disposte dalla mirabile lungimiranza dell’uomo santo e dei suoi fratelli per la salvaguardia della pace e della carità come per conservare il rigore della disciplina e dell’ordine, troviamo questa come la più importante e degna di ogni considerazione:  tutti gli abati dell’Ordine Cistercense si dovranno trovare una volta all’anno a Cîteaux per celebrarvi il Capitolo Generale e trattare con la massima diligenza dell’ordinamento di tutta la loro vita e dell’indissolubile pace da custodire tra di loro. In tal modo il riflettere tanto spesso sul loro stile di vita e rafforzarlo con l’autorità delle Divine Scritture, farà sì che non s’intepidisca facilmente ma possa vigoreggiare per vasta estensione di lunghissimi anni. Secondo tale disposizione pertanto da allora fino ai nostri tempi i reverendi padri dell’Ordine Cistercense una volta all’anno visitano la loro Madre, celebrano il Capitolo Generale e, istruiti dall’unzione dello Spirito Santo (cfr 1 Gv), stabiliscono i “Capitoli” (che sono formalmente presentati nel libro delle definizioni), quali farmaci preparati con diverse spezie e assolutamente necessari per la salute delle anime, ai quali ci si deve attenere in tutta la fraternità delle nostre comunità. Riflettendo però il santo padre Stefano che non sarebbe stato per nulla saggio deliberare simili provvedimenti prescindendo dall’autorità della Sede Apostolica, imitando anche il religioso esempio del suo predecessore, con l’accordo dei suoi coabati e fratelli inviò a Roma a chiedere umilmente al Signor Callisto, allora Pontefice nella Sede Apostolica, di decretare che quanto lui avrebbe stabilito con i propri coabati e fratelli per rafforzare la disciplina dell’Ordine monastico, fosse in perpetuo approvato e inconcusso per autorità apostolica. E assentendo benignamente alla sua richiesta, il Sommo Pontefice promulgò a conferma dell’Ordine questo decreto.

 

 

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