Ss. Giusto e Clemente (mf)

Ss. Giusto e Clemente (mf)

Quando:
5 Giugno 2019 h. 3:15 – 4:15
2019-06-05T03:15:00+02:00
2019-06-05T04:15:00+02:00
Dove:
Monastero Cistercense Valserena

Dalla storia di Volterra di Mons. Ovidio Lari

 

Il Natale dei Santi 

Nell’anno di grazia 556, il lunedì di Pentecoste era giorno di gite fuori porta, come lo era il Lunedì di Pasqua e, quel lunedì, nel bel mattino primaverile, molti Volterrani presero la via del Monte Nibbio, sia per diporto, sia per il desiderio di incontrare i Santi e di intrattenersi qualche momento a conversare o a pregare con loro. La compagnia dei Santi è sempre gradevole e sempre letificante. Per quanto si guardasse da una parte e dall’altra, non si vedeva nessuno dei due fratelli; incuriositi e anche un poco insospettiti, i devoti andarono alle grotte che servivano a loro come celle monastiche e li trovarono senza vita, distesi per terra, con le mani incrociate sul petto e con gli occhi aperti verso il cielo. In pochi minuti la notizia si divulgò in città e fu tutto un correre al Monte Nibbio. Là, nel più grande silenzio ognuno ammirò e pregò: più che preghiere di suffragio, si levarono al cielo richieste d’intercessione affinché i Santi le presentassero al Padre, datore di ogni bene perfetto. Volterra era convinta che i due fratelli fossero santi e ora li proclamava e li venerava per la prima volta. Ormai non rimaneva altro da fare che deporli nei sepolcri che loro stessi si erano preparati scavandoli nella viva pietra. Quello di prepararsi il sepolcro era stato un lavoro di anni: aveva sostenuto la loro continua meditazione sulla morte che – a saperla intendere – è la più bella lezione di vita. I santi corpi furono deposti nei loculi scavati nella pietra con la stessa delicatezza con la quale una madre depone il figlio nella culla. La sepoltura fu quella che si dava a tutti i cadaveri in quel tempo, un po’ rozza, per noi del 2000, non priva però di attenzioni delicate. Il volto e le spalle furono protetti con una piccola costruzione in mattoni sopra la quale furon distese pietre di una certa larghezza; il resto del corpo fu coperto con uno scudo di embrici che, partendo dalle ascelle, si estendeva e si inarcava per tutta la lunghezza del corpo. Dopo queste cure dettate dalla pietà filiale, fu steso – con mano leggera – un velo di terra, affinché i santi corpi riposassero in pace. Nessuno turbò mai la loro quiete, anche perché le leggi allora vigenti erano severissime e inviolabili per tutto quanto riguardava la custodia delle tombe. Nessuno avrebbe mai osato violarle, anche perché la pietà dei Volterrani le custodiva come il tesoro della città. Soltanto mille anni più tardi, quando le “Balze” stavano per trascinare nella grande voragine il sepolcro di s. Giusto, i tardi nipoti di coloro che avevano provveduto alla sepoltura, si decisero ad esumare il santo corpo e trovarono la tomba intatta, così come noi l’abbiamo descritta. Di tutto ciò si fece un documento giurato e firmato dal notaio volterrano Francesco Conti, che fu presente all’esumazione delle sacre Reliquie nell’anno 1628. Gli archeologi confermano che tutte le sepolture di cui si ha prova sul territorio italiano, in corrispondenza dell’anno 556 hanno la stessa forma del sepolcro qui descritto. Però la tomba di s. Giusto era distinta con un segno di particolare onore e amore: quella protezione del capo e delle spalle, che di solito era in legno, qui era in mattoni sovrastati da una grande pietra; evidentemente si voleva che la protezione non si disfacesse e la terra non andasse ad offendere il volto del Santo. Alle premure dei Volterrani verso il sepolcro di s. Giusto, Dio volle aggiungere un suo dono: fece sgorgare lì vicino una fonte limpida e perenne. Non vogliamo dire che fosse acqua miracolosa, però è provato che molti devoti – dopo averla bevuta con fede – si trovarono guariti da infermità dell’anima e del corpo. Dispiace sinceramente che la grande frana da cui sono nate le “Balze” abbia distrutto la fonte e fatto sparire la vena nascosta che l’alimentava; rimane tuttavia la realtà di cui quella fonte era simbolo: Gesù che dona lo Spirito Santo e manda i vescovi ad effondere nel popolo di Dio quel Dono dei doni che è Spirito santificatore (…). La mistica fonte è ancora viva e attiva: è S. Giusto stesso che non cessa di chiamare i suoi devoti a dissetarsi e purificarsi alle sorgenti della vita divina.

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