Dall’enciclica «Mirae Caritatis» di Leone XIII
I benefici della santissima eucarestia
Fra i benefici della santissima eucaristia, chi attentamente e religiosamente considera, vedrà primeggiare e risplendere quello che tutti gli altri contiene: dall’eucaristia cioè proviene agli uomini quella vita che è la vera vita; “II pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo” (Gv 6,52). In più maniere, come abbiamo detto altra volta, Cristo è “vita”. Egli diede per motivo della sua venuta fra gli uomini il voler loro portare una sicura abbondanza di vita più che umana: “Io sono venuto perché abbiano la vita e l’abbiano in sovrabbondanza” (Gv 10,10). E infatti appena sulla terra “apparve la benignità e l’amore del Salvatore Dio nostro” (Tt 3,4), nessuno ignora che subito eruppe una certa forza creatrice di un ordine affatto nuovo di cose, e s’infiltrò in tutte le vene della società domestica e civile. (…) E, ciò che più importa, gli animi e le cure degli uomini furono volti alla verità della religione e alla santità dei costumi, e anzi fu comunicata agli uomini una vita del tutto celeste e divina. (…) Ma poiché questa medesima vita, di cui parliamo, ha una evidente somiglianza con la vita naturale dell’uomo, come l’una si alimenta e vegeta col cibo, così bisogna che anche l’altra, con cibo suo proprio, si sostenti e si accresca. E qui cade a proposito il rammentare in qual tempo e in qual modo abbia Gesù Cristo mosso e indotto gli animi degli uomini a ricevere convenientemente e degnamente il pane vivo che stava per dare. Perché quando si sparse la fama di quel prodigio che egli aveva operato sulla spiaggia di Tiberiade, moltiplicando i pani per saziare la moltitudine, subito molti accorsero a lui, per vedere se per avventura potesse a loro toccare un ugual beneficio. E Gesù, colta l’occasione, come quando, dall’attingere che fece la Samaritana l’acqua del pozzo, prese lo spunto per mettere in lei la sete dell’acqua “che zampillerà in vita eterna” (Gv 4,14), così allora sollevò le menti avide delle moltitudini a bramare anche più avidamente un altro pane “che dura per la vita eterna” (Gv 6, 27). Gesù insiste ammonendo (…): “Io sono il pane di vita” (Gv 6,48). E la stessa cosa va sempre più insinuando a tutti, ora con gli inviti, ora coi precetti: “Chi mangerà di un tal pane, vivrà eternamente; e il pane che io darò è la mia carne per la salute del mondo” (Gv 6,52). Dimostra poi la gravità del precetto asserendo: “In verità, in verità vi dico: Se non mangerete la carne del Figlio dell’uomo, e non berrete il mio sangue, non avrete in voi la vita” (Gv 6,54).
(…) Qual cosa è maggiore o più desiderabile che l’essere reso, per quanto è possibile, partecipe e consorte della divina natura? Or questo ci fa Gesù Cristo specialmente nell’eucaristia, nella quale, prendendo l’uomo già innalzato dalla grazia alle cose divine, più strettamente lo unisce e stringe a sé.
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