Da Slavorum Apostoli di san Giovanni Paolo II
Araldi del Vangelo
Bizantini di cultura, i fratelli Cirillo e Metodio seppero farsi apostoli degli Slavi nel pieno senso della parola. La separazione dalla patria che Dio talvolta esige dagli uomini eletti, accettata per la fede nella sua promessa, è sempre una misteriosa e fertile condizione per lo sviluppo e la crescita del Popolo di Dio sulla terra. Il Signore disse ad Abramo: «Vattene dal tuo paese, dalla tua patria e dalla casa di tuo padre, verso il paese che io ti indicherò. Farò di te un grande popolo e ti benedirò, renderò grande il tuo nome e diventerai una benedizione».
Durante la visione notturna che san Paolo ebbe a Troade nell’Asia Minore, un Macedone, dunque un abitante del continente europeo, si presentò davanti a lui e lo implorò di recarsi in viaggio nel suo paese per annunziarvi la Parola di Dio: «Passa in Macedonia e aiutaci».
La divina Provvidenza, che per i due santi Fratelli si espresse con la voce e l’autorità dell’imperatore di Bisanzio e del Patriarca della Chiesa di Costantinopoli, indirizzò loro un’esortazione simile, allorché chiese ad essi di recarsi in missione tra gli Slavi. Tale incarico significava per loro abbandonare non solo un posto di onore, ma anche la vita contemplativa; significava uscire dall’àmbito dell’impero bizantino ed intraprendere un lungo pellegrinaggio al servizio del Vangelo, tra popoli che, sotto molti aspetti, restavano lontani da un sistema di convivenza civile basato sull’avanzata organizzazione dello Stato e la raffinata cultura di Bisanzio permeata di princìpi cristiani. Analoga domanda rivolse a tre riprese a Metodio il Pontefice Romano, quando lo inviò come vescovo tra gli Slavi della Grande Moravia, nelle regioni ecclesiastiche dell’antica diocesi di Pannonia.
La Vita slava di Metodio presenta con queste parole la richiesta, rivolta dal principe Rastislav all’imperatore Michele III per il tramite dei suoi inviati: «Sono giunti da noi numerosi maestri cristiani dall’Italia, dalla Grecia e dalla Germania, che ci istruiscono in diversi modi. Ma noi Slavi… non abbiamo nessuno che ci indirizzi verso la verità e ci istruisca in modo comprensibile». È allora che Costantino e Metodio furono invitati a partire. La loro risposta profondamente cristiana all’invito, in questa circostanza e in tutte le occasioni simili, è mirabilmente espressa dalle parole indirizzate da Costantino all’imperatore: «Per quanto stanco e fisicamente provato, io andrò con gioia in quel paese»; «con gioia io parto per la fede cristiana».
La verità è la forza del loro mandato missionario nascevano dal profondo del mistero della Redenzione, e la loro opera evangelizzatrice tra i popoli slavi doveva costituire un importante anello nella missione affidata dal Salvatore fino alla fine dei tempi alla Chiesa universale. Essa fu adempimento – nel tempo e nelle circostanze concrete – delle parole di Cristo, il quale nella potenza della sua Croce e della sua Risurrezione ordinò agli apostoli: «Predicate il Vangelo a ogni creatura»; «andando ammaestrate tutte le nazioni». Così facendo, gli evangelizzatori e maestri dei popoli slavi si lasciarono guidare dall’ideale apostolico di san Paolo: «Tutti voi, infatti, siete figli di Dio per la fede in Cristo Gesù, poiché quanti siete stati battezzati in Cristo, vi siete rivestiti di Cristo. Non c’è più Giudeo né Greco; non c’è più schiavo né libero; non c’è più uomo né donna, poiché tutti voi siete uno in Cristo Gesù».
Accanto ad un grande rispetto per le persone e alla sollecitudine disinteressata per il loro vero bene, i due santi Fratelli ebbero adeguate risorse di energia, di prudenza, di zelo e di carità, indispensabili per portare ai futuri credenti la luce, e per indicare loro, al tempo stesso, il bene, offrendo un concreto aiuto per raggiungerlo. A tale scopo desiderarono diventare simili sotto ogni aspetto a coloro ai quali recavano il Vangelo; vollero diventare parte di quei popoli e condividerne in tutto la sorte.
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