Dalle Lettere di S. Ambrogio
Nulla è più splendido del sommo Bene.
Avendo concesso al mio animo un po’ di riposo nel corso della lettura, poiché avevo smesso lo studio notturno, presi a riflettere dentro di me su quel versetto che avevamo usato la sera nelle Veglie: “Fiorente di bellezza di fronte ai figli degli uomini. Come sono belli i piedi di coloro che lietamente lo annunciano”. E veramente non c’è nulla di più splendido di quel sommo Bene: del quale è veramente splendido anche l’annuncio e soprattutto il progredire di un discorso perseverante e, in un certo senso, le orme della predicazione apostolica. Ma chi è in grado di fare questo? Quelli cui Dio l’ha concesso non solo di annunciare Cristo, ma anche di soffrire per Lui. Perciò, chi «conosce con piena consapevolezza le anime del proprio gregge», «si cura delle erbe campestri per avere abbondantissimi pascoli»; infatti con le erbe più dolci gli agnelli diventano più grassi e il latte più giovevole alla salute. Di tali pascoli hanno approfittato quei ricchi che mangiarono e adorarono; buoni sono infatti «i pascoli» della fede, nei quali «viene posto» il santo di Dio. C’è dunque anche il fieno, di cui si nutrono i greggi di pecore, che producono i velli della sapienza e danno la veste della prudenza. E forse questo è il fieno montano sul quale scendono «le parole del profeta come neve sul fieno», e che il sapiente «raccoglie» con diligenza per avere pecore per un vestito, che naturalmente sia un abito spirituale. Ha dunque il proprio cibo e il proprio vestito l’anima che sta unita a quel sommo Bene che è divino e che l’apostolo Pietro raccomanda di cercare affinché «mediante l’acquisto della sua conoscenza diventiamo partecipi della natura divina». Di questo bene, Dio svela la conoscenza ai suoi santi e questo dona «dal suo buon tesoro», come attesta la sacra Legge dicendo: «Il Signore giurò ai tuoi padri di darti, di svelarti il suo buon tesoro», e da questo tesoro celeste dà pioggia alla sua terra per benedire tutte le opere delle tue mani. Questa è la pioggia: «la parola» della Legge che «irrora» l’anima feconda e fertile di opere buone, perché abbia la rugiada della grazia. Davide cercava la conoscenza di tale Bene, come dichiara egli stesso dicendo: Una sola cosa ho chiesto al Signore: questa cercherò, di abitare nella casa del Signore tutti i giorni della, mia vita e di vedere le dolcezze del Signore e contemplare il suo tempio. Perciò, subito dopo, nello stesso salmo aggiunse che questo sto era il sommo Bene: Sono certo di contemplare la bontà del Signore nella terra dei viventi.
Qui si cerca, là si vede perfettamente, a faccia a faccia. Questo Bene è nella casa del Signore, in quel suo segreto recesso. Perciò dice ancora: Ci sazieremo dei beni della tua casa. Anche in un altro passo affermò che questa è l’essenza della benedizione, dicendo: Ti benedica il Signore da Sion e possa tu vedere qual è la prosperità di Gerusalemme. Perciò felice chi abita là nell’ingresso della fede, nell’alloggio della mente nella dimora della devozione nel soggiorno della virtù.
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