Dalla Penitenza di sant’Ambrogio, vescovo
Nel libro precedente abbiamo trattato non pochi argomenti che incoraggiano a far penitenza. Poiché, tuttavia, è possibile aggiungerne ancora molti altri, è nostra intenzione proseguire nel banchetto cui è stato dato inizio, perché non sembri che abbiamo lasciato rosicchiati per metà i cibi apprestati dal nostro argomentare.
È necessario esercitare la penitenza con zelo, ma anche con tempestività. Ciò, ad evitare che il padre di famiglia della parabola evangelica, il quale piantò l’albero di fico nella sua vigna, non venga a ricercare su di esso il frutto e, non trovandolo, dica al vignaiolo: «Taglialo. Perché deve sfruttare il terreno?». L’albero verrebbe abbattuto, se non lo impedisse il vignaiolo che dice: «O padrone, lascialo ancora quest’anno, finché io gli zappi attorno e vi metta il concime»; soltanto nel caso che il rimedio riesca inutile, il fico venga allora reciso.
Spargiamo, perciò, anche noi il concime su questo campo di cui siamo i proprietari. Seguiamo l’esempio degli agricoltori operosi, i quali senza vergogna nutrono la terra con grassa fanghiglia e cospargono i campi di sporca cenere allo scopo di raccogliere più abbondanti i frutti.
L’Apostolo insegna come concimare, quando dice: «Stimo spazzatura tutti i beni del mondo, al fine di guadagnare Cristo». Egli «sia nella cattiva che nella buona fama» si è guadagnato di riuscire a lui gradito. Aveva infatti letto che Abramo, mentre ammetteva di essere polvere e cenere, si procurò con la sublime umiltà la grazia di Dio; così anche che Giobbe, sedendo in mezzo alla cenere, ottenne di nuovo tutto ciò che aveva perduto. Ancora, aveva letto il vaticinio di David: Dio solleva «l’indigente dalla polvere» e rialza «il povero dall’immondizia».
Confessiamo, dunque, anche noi al Signore i nostri peccati senza rossore. Certamente, incute vergogna il mettere a nudo le colpe, ma questa vergogna, appunto, ara il suo podere, recide le spine eterne, toglie via i pruni, fa prosperare i frutti che ritenevi morti per sempre. Segui le orme di chi arando convenientemente il suo terreno si procacciò frutti eterni. L’Apostolo dice: «Insultati, benediciamo; perseguitati, sopportiamo; calunniati, preghiamo; siamo diventati come la spazzatura del mondo». Anche tu, se arerai in questo modo, spargerai semi spirituali. Ara, per stroncare il peccato, per procurarti il frutto. L’Apostolo ha arato per recidere nel suo io lo stato d’animo del persecutore. Quale incoraggiamento più grande ci poteva essere dato da Cristo perché aspirassimo al nostro miglioramento, quanto il convertire e assegnarci come maestro chi era stato persecutore?
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