Sant’Ambrogio (m)

Sant’Ambrogio (m)

Quando:
7 Dicembre 2020 h. 3:15 – 4:15
2020-12-07T03:15:00+01:00
2020-12-07T04:15:00+01:00
Dove:
Monastero Cistercense Valserena

Dalla Lettera  11° a Ireneo, 1-3 di Sant’Ambrogio

 

Nulla è più splendido del sommo Bene. 

Avendo concesso al mio animo un po’ di riposo nel corso della lettura, poiché avevo smesso lo studio notturno, presi a riflettere dentro di me su quel versetto che avevamo usato la sera nelle Veglie : “Fiorente di bellezza di fronte ai figli degli uomini  Come sono belli i piedi di coloro che lietamente lo annunciano,”  E veramente non c’è nulla di piú splendido di quel sommo Bene: del quale è veramente splendido anche l’annuncio e soprattutto il progredire di un discorso perseverante e, in un certo senso, le orme della predicazione apostolica. Ma chi è in grado di fare questo? Quelli cui Dio l’ha concesso non solo di annunciare Cristo, ma anche di soffrire per Lui. Perciò, chi «conosce con piena consapevolezza- le anime del proprio gregge», «si cura delle erbe campestri per avere abbondantissimi pascoli; infatti con le erbe più dolci gli agnelli diventano più grassi e il latte più giovevole alla salute. Di tali pascoli hanno approfittato quei ricchi che mangiarono e adorarono; buoni sono infatti «i pascoli» della fede, nei quali «viene posto» il santo di Dio. C’è dunque anche il fieno, di cui si nutrono i greggi di pecore, che producono i velli della sapienza e danno la veste della prudenza.  E forse questo è il fieno montano sul quale scendono «le parole del profeta come neve sul fieno», e che il sapiente «raccoglie» con diligenza per avere pecore per un vestito, che naturalmente sia un abito spirituale. Ha dunque il proprio cibo e il proprio vestito l’anima che sta unita a quel sommo Bene che è divino e che l’apostolo Pietro raccomanda di cercare affinché «mediante l’acquisto della sua conoscenza diventiamo partecipi della natura divina». Di questo bene, Dio svela la conoscenza ai suoi santi e questo dona «dal suo buon tesoro», come attesta la sacra Legge dicendo: «Il Signore giurò ai tuoi padri di darti, di svelarti il suo buon tesoro», e da questo tesoro celeste dà pioggia alla sua terra per benedire tutte le opere delle tue mani. Questa è la pioggia: «la parola» della Legge che «irrora» l’anima feconda e fertile di opere buone, perché abbia la rugiada della grazia. Davide cercava la conoscenza di tale Bene, come dichiara egli stesso dicendo: Una sola cosa ho chiesto al Signore: questa cercherò, di abitare nella casa del Signore tutti i giorni della, mia vita e di vedere le dolcezze del Signore e contemplare il suo tempio. Perciò, subito dopo, nello stesso salmo aggiunse che questo sto era il sommo Bene: Sono certo di contemplare la bontà i Signore nella terra dei viventi.

Qui si cerca, là si vede perfettamente, a faccia a faccia. Questo Bene è nella casa del Signore, in quel suo segreto recesso. Perciò dice ancora: Ci sazieremo dei beni della tua casa. Anche in un altro passo affermò che questa è l’essenza della benedizione, dicendo: Ti benedica il Signore da Sion e possa tu vedere qual è la prosperità di Gerusalemme. Perciò felice chi abita là nell’ingresso della fede, nell’alloggio della mente nella dimora della devozione nel soggiorno della virtù.

 

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