San Pier Damiani (mf)

Quando:
21 Febbraio 2018 h. 3:15 – 4:30
2018-02-21T03:15:00+01:00
2018-02-21T04:30:00+01:00
Dove:
Monastero Cistercense Valserena
Strada Provinciale del Poggetto
48, 56040 Cecina LI
Italia

Dalle Lettere di San Pier Daminani

Le Osservanze monastiche a Fonte Avellana (Ep 18, 11-15 )

Che meraviglia, dunque, se, mentre l’ordine monastico in massima parte è in decadenza, Dio onnipotente rende saldi alcuni suoi servi nel sopportare le pene delle varie tentazioni, se al cadere di tutte le altre foglie, tiene attaccate al ramo quelle poche che vuole? Non a torto il beato Giobbe, quel profondo scrutatore della divina potenza, afferma: E lui che fa cose grandi e incomprensibili; cose mirabili che non hanno numero. Perciò, rendo infinite grazie al mio Creatore, che, me indegno, ha voluto che io occupi il posto di ministro in una comunità non di molti ma di buoni, e che io non debba di necessità precederli nel ritorno in patria: dovrò anzi gioire se potrò seguire, camminando alla stessa andatura, i passi dei miei fratelli; sì che il frutto che non m’è dato cogliere da una terra spaziosa, me lo possa vedere corrisposto in modo più ubertoso dal raccolto di un fertile campicello.

Voglio così, o miei fratelli, qui riassumere qualche tratto dell’ordinamento della vostra vita, affinché quello che ora si legge nel vissuto delle vostre opere, consegnato anche allo scritto, sia tramandato alla conoscenza anche di coloro che, in questo luogo, ci succederanno; tanto che, se avverrà che essi non possano salire a livelli più alti, si studino almeno di osservare questa stessa regola di vita che avranno saputo essere stata da voi osservata; ciò perché quelli che ci succederanno nell’abitazione siano nondimeno eredi anche del vostro modo di vivere, e si vergognino se un giorno verrà distrutto, per loro trascuratezza, ciò che vedranno scritto appositamente sull’osservanza regolare del luogo in cui si troveranno a vivere. In questo luogo, appunto, denominato Fonte Avellana, viviamo in genere, più o meno, una ventina di monaci, che abitano in celle, oppure in altri alloggi loro assegnati per obbedienza; così che tra tutti, con i conversi e le persone di servizio, si tocca appena o si passa di poco il numero di trentacinque (3). Quanto alla regola di vita, ai nostri giorni è quella che segue.

Dall’ottava della Domenica di Risurrezione fino al santo giorno di Pentecoste, voi digiunate quattro giorni la settimana. … Dal 13 settembre fino alla Pasqua del Signore, si digiuna cinque giorni la settimana, senza interruzione (…)

Un aspetto non piccolo della penitenza è anche il non usare mai nelle celle, in ogni stagione, estate o inverno, né calze né zoccoli, ma sempre, secondo l’uso, rimanere a piedi e gambe nudi, eccetto coloro che fossero molestati da grave infermità. E prescritto dalla regola dei monasteri che coloro che sono in viaggio, se sperano di poter ritornare il giorno stesso, non mangino fuori (13). A tale osservanza, presso di noi si aggiunge anche questa: uno, sia che sia uscito lo stesso giorno sia che sia uscito il giorno prima, ritorni sempre all’eremo digiuno. Circa le altre osservanze monastiche, anche qui ci si attiene con ogni attenzione e sollecitudine a quanto si pratica in ogni monastero ove si osserva strettamente la regola: obbedienza prontissima, così che qualunque cosa viene comandata, la si eseguisca subito con tutto il fervore; non dare o ricevere cosa alcuna senza ordine del priore; non aver nulla di proprio; tenere silenzio nel chiostro, situato vicino alla chiesa, sia nei giorni festivi che in tutte le ore proibite; non trascurare l’osservanza della regola in capitolo, nell’oratorio, nel refettorio; non parlare con gli ospiti, e perciò non contravvenire alla prescrizione del silenzio tanto nell’andare dalle celle alla chiesa che nel tornare; e molte altre cose di questo genere che tralasciamo di elencare per non infastidire dilungandoci troppo. Non parlo poi della spontanea semplicità e rozzezza degli abiti, della durezza e dell’austerità dei giacigli, della stretta regola del silenzio, dell’amore per la solitudine continua.

Ma quello che sembra superare tutto, quello che a buon diritto si reputa eccellere su ogni virtù per tutti coloro che vivono santamente, è il fatto che tanta è la carità fraterna, tanta l’unione delle volontà fuse nel fuoco dell’amore scambievole, che nessuno si reputi nato per sé ma per tutti, che ognuno possieda il bene altrui, e che il proprio, per estensione di amore, lo comunichi agli altri.

Scarica

Views: 0