Dalle Lettere di san Pier Damiani (86,3-6)
L’arca di Noè della disciplina monastica
Quindi, o carissimi, dovete cercare di rendere di continuo immense grazie a Dio; voi che siete stati tratti fuori dal mondo proprio in questo tempo, in cui appare chiaro che difficilmente ci potrebbe essere qualcuno che potrebbe salvarsi restandoci dentro. Voi infatti avete adempiuto ciò che per bocca di Zaccaria si ordina da parte del Signore, che grida: Oh, ohi fuggite dalla terra del settentrione! E di nuovo: Fuggi, o Sion, tu che abiti presso la figlia di Babilonia. A voi la Verità stessa dice: lo vi ho tratti fuori dal mondo, e proprio perché voi non siete del mondo, il mondo vi odia. Come se una belva furiosa se ne stesse divorando una povera pecora malata, e il pastore riuscisse a strappare dalle sue fauci anche un solo suo membro, così Cristo, scegliendovi, vi ha liberato dalla mano del crudele predone, mentre in questo mondo che se ne sta andando in perdizione costui vi stava aggregando nel novero dei suoi servi. Per questo si dice per bocca del profeta Amos: Come il pastore strappa dalla bocca del leone due zampe o il lobo di un orecchio, così saranno salvati gli israeliti che abitano in Samaria. Non c’è dubbio, di conseguenza, che sia stata donata a voi, a differenza degli altri, una grazia particolarmente abbondante, conformemente a quanto si dice altrove per bocca dello stesso profeta: feci piovere sopra una città e non sopra un’altra; una parte era bagnata di pioggia, mentre l’altra, su cui non pioveva, si inaridì. I cuori terreni e carnali inaridiscono per l’arsura di una lunga siccità, cioè per il fatto che non hanno lasciato entrare nel proprio intimo, mediante lacrime di compunzione, i torrenti della grazia celeste. Quanto alla terra arida la voce divina dice: Comanderò alle nubi che non facciano piovere su di essa. Al contrario, quanto all’animo veramente assetato di Dio, all’animo che brama con insaziabile desiderio la sorgente della sapienza, per bocca di Isaia si dice: Io farò scorrere acqua sul suolo assetato, torrenti sul terreno arido. Effonderò il mio spirito sulla tua discendenza, la mia benedizione sulla tua stirpe; germineranno in mezzo all’erba come salici lungo corsi d’acqua. Quando dunque Dio onnipotente vi tolse dal mondo e stabilì che lo serviste sotto il giogo della disciplina monastica, che cosa fece? Chiaramente, nient’altro che questo: allo stesso modo che al tempo del diluvio, tra molti che perivano elesse voi pochi e vi introdusse, affinché poteste vivere, nell’arca di Noè spalmata di bitume dentro e fuori. Il chiostro del monastero è il vivaio delle anime. Ivi vivono quei pesci che hanno le pinne, come dicono le prescrizioni della Legge; essi vengono serviti alle mense degli israeliti come cibi deliziosi, per essere trasformati nel corpo di Cristo. Infatti i pesci che hanno pinne con squame, sono soliti anche guizzare al di sopra dell’acqua: di che cosa dunque sono figura i pesci con le pinne, se non delle anime elette, di quelle sole, cioè, che passano nel corpo della Chiesa celeste? Esse infatti, come sorrette dalle pinne delle virtù, mediante il desiderio di elevarsi al cielo, sono in grado di guizzare verso l’alto per poter raggiungere attraverso la contemplazione le realtà superne; benché, a causa della carne mortale, ricadano di continuo su se stesse.
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