Dal Commento a Matteo di san Giovanni Crisostomo
Vocazione di Matteo
Ma perché — voi mi chiederete — Cristo non chiamò Matteo insieme con Pietro, Giovanni e gli altri? Il Signore si era presentato a quegli apostoli quando sapeva che essi avrebbero risposto alla sua chiamata. Cosi chiama Matteo, quando è ben sicuro che lo seguirà. Per lo stesso motivo pescherà Paolo dopo la sua risurrezione. Colui che conosce i cuori e i segreti pensieri di ognuno, ben sapeva il momento in cui ciascuno di questi avrebbe ascoltato la sua chiamata. Perciò Gesù non chiamò Matteo all’inizio, quando ancora non era ben disposto, ma lo chiama ora dopo tanti miracoli, quando ormai la sua fama s’è diffusa e sa che il pubblicano è meglio preparato a rispondere al suo invito. (…)
Perché Matteo riferisce che era seduto al banco dei gabellieri? Lo fa per porre in risalto la potenza di colui che lo chiama prima ancora ch’egli abbia rinunziato e abbandonato la sua disonorante professione e lo trascina fuori dalle indegne attività in cui era immerso. (…) Del resto, il Signore chiamò anche i pescatori mentre erano occupati nel loro lavoro. Il loro mestiere, però, non aveva niente di disonorevole, ma era l’occupazione di uomini rustici, schietti e del tutto semplici. L’attività del pubblicano era invece assai vergognosa e veniva esercitata con arroganza; si trattava di un impudente traffico che procacciava un illecito guadagno, di un vero e proprio furto, praticato sotto la protezione della legge. Malgrado questo, Cristo non si vergogna di chiamare Matteo. E perché stupirci che Cristo non abbia avuto vergogna di chiamare un pubblicano, quando non solo non si vergognò di chiamare una donna peccatrice, ma le permise anche di baciare i suoi piedi e di bagnarli con le sue lacrime? Proprio per questo Gesù era venuto: non solo per curare i corpi dalle loro infermità, ma per guarire anche le anime dalle loro iniquità. Cosi fece nel caso del paralitico; e dopo aver chiaramente dimostrato di avere il potere di rimettere i peccati, allora si avvicinò a Matteo, evitando in tal modo di scandalizzare coloro che vedevano un pubblicano ammesso nel coro degli apostoli. Se Cristo ha il potere di perdonare tutti i peccati, perché ti meravigli che di un pubblicano faccia un apostolo?
Ma come hai visto la potenza del Signore che lo chiama, cosi ammira l’obbedienza di colui che è stato chiamato. Matteo non fa alcuna opposizione e non dice dubitando: Che è questo? Non si chiede se per caso Cristo non si sia ingannato nel chiamare proprio lui che è un pubblicano, — intempestiva difatti sarebbe questa umiltà, — ma subito obbedisce e non domanda neppure di tornare a casa per avvertire i suoi parenti. Con la stessa docilità manifestata dai pescatori che avevano lasciato le reti, la barca e il padre, anche Matteo, abbandonato il suo banco di gabelliere e il suo guadagno, segue Gesù dimostrando una volontà disposta a tutto. E staccandosi di colpo da tutte le cose della vita, attesta con la sua perfetta obbedienza che il Signore l’ha chiamato nel momento giusto.
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