Dalla vita di san Domenico di P. Enrico D. Lacordaire dei Predicatori
Qualche tempo dopo questa fondazione, Domenico trovandosi a Fanjeaux, fatta la predica. era rimasto, secondo il suo solito, in Chiesa a pregare: quand’ecco che nove nobili signore si prostrano ai suoi piedi e: «Servo di Dio, gli dicono, aiutateci. S’egli è vero ciò che oggi voi avete predicato, ben da gran tempo il nostro spirito è acciecato dall’errore; perocchè a coloro che voi chiamate eretici, e noi buonomini, fino ad oggi abbiamo prestato fede ed aderito, con tutta convinzione, ora non sappiamo più che pensare. Servo di Dio abbiate pietà di noi e pregate il Signore Dio vostro, che ci faccia conoscere la vera fede nella quale dobbiamo vivere e morire, per esser salve». Domenico rimasto assorto ancora per qualche momento nella preghiera, poi rispose loro: «Abbiate pazienza e aspettate senza timore. Io credo che il Signore, il quale non vuole che alcuno si perda, vi mostrerà a qual padrone abbiate servito fin qui». E tutta ad un tratto apparve in forma di immondo animale lo spirito di errore e di odio; e Domenico rassicurandole: «Voi potete argomentare da questo mostro, che Dio vi ha fatto comparire dinanzi, chi sia colui che, dando retta agli eretici, fino ad ora avete servito». Le donne, piene di riconoscenza verso il Signore, sull’istante e con fermo proposito si convertirono alla fede, cattolica; anzi alcune si consacrarono a Dio nel monastero di Prouille.
Nella primavera dell’anno 1207 fu tenuta a Montréal una delle solite conferenze fra albigesi e cattolici. Questi ultimi scelsero fra gli avversari quattro arbitri ai quali furono rimessi da ambedue le parti alcuni memoriali sulle materie controverse. La pubblica disputa fu protratta per quindici giorni, dopo i quali gli arbitri si ritirarono senza volersi pronunziare. Sentivano vivamente nella loro coscienza la superiorità dei cattolici, ma non avevano coraggio di fare una dichiarazione aperta contro il loro partito. Ciò nonostante, centocinquanta uomini abiurarono l’eresia e ritornarono nel seno della Chiesa. Il legato Pietro di Castelnau era presente a questa conferenza; e poco dopo giunsero a Montréal anche l’abate di Citeaux, dodici altri abati del medesimo Ordine e circa venti religiosi, tutti uomini di cuore, versati nelle cose divine e d’una santità di vita degna della missione che venivano a compiere. Avevano lasciato Citeaux allo sciogliersi del capitolo generale, e secondo le raccomandazioni del Vescovo d’Osma si erano messi in viaggio non portando seco che il puro necessario.
Questo rinforzo rianimò i cattolici, i quali dopo due anni di fatiche vedevano finalmente qualche frutto dei loro sudori e sperimentavano di non avere confidato invano sull’assistenza promessa a tutti coloro che sinceramente si consacrano alla causa di Dio. La provincia di Narbona era già stata evangelizzata da cima a fondo; molte le conversioni operate; l’orgoglio degli eretici rintuzzato da virtù superiore alle loro forze; ed i popoli spettatori di tanto risveglio, avevano ben potuto comprendere non esser poi la Chiesa Cattolica sull’orlo della tomba. Folco avea rialzata la dignità episcopale; Navarre, vescovo di Conserans, lo imitava; gli altri colleghi, prima freddi, scuotevansi anch’essi dal loro torpore; e con la fondazione del monastero di Prouille era stata riabilitata la nobiltà cattolica decaduta. Il più gran fatto però era quello di aver potuto riunire insieme uomini eminenti per virtù, per dottrina e per carattere, animati dal comune pensiero dell’apostolato; e di aver dato a questo apostolato nascente una consistenza insperata. – Tuttavia richiedevasi ancora maggiore unità fra questi elementi retti da quattro differenti autorità, cioè dai legati, dai vescovi, dagli abati di Citeaux e dagli spagnoli; per la qual cosa parlavasi spesso della necessità di fondare un Ordine religioso che avesse per ufficio la predicazione. E se la venuta dei cisterciensi a Montreal consolidò tutte le cose fino allora operate, ispirò ancora un desiderio più risoluto di andare innanzi.
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