Dalle ”Omelie” di San Carlo Borromeo
La dignità dell’uomo: Dio abita in Lui.
Ogni anima dovrebbe bramare di unirsi a Cristo, suo Sposo, ricevendo il Santissimo Sacramento: ci è dato infatti perché ci uniamo a Dio e, trasformati in Lui, siamo quasi deificati; così che in futuro nessuno osi disprezzarlo. Già ti contempliamo, o buon Gesù, già ti intravediamo abitare unito a noi, anche se ciò non è evidente ai nostri occhi e possiamo scorgere solo le povere specie del pane e del vino. Possiamo godere di te ogni volta che desideriamo, ci nutriamo di te, sei nostro cibo finché vogliamo. Chi potrà ancora sprezzare gli uomini, oggetto di tale degnazione? Chi disdegnerà delle creature così nobilitate? Forse il Padre eterno, il cui Figlio li ha stimati tanto da aver voluto essere mangiato da loro? O forse il Figlio stesso che ci ha amato fino al punto che la sua vita, la morte, la risurrezione, l’ascensione e l’istituzione di questo Santissimo Sacramento sono diventati segno ed effetto della sua bontà per noi? O lo Spirito Santo, lo Spirito di amore, non esalterà questa benevolenza, Lui che per questo motivo si è mostrato così munifico con noi e ci ha comunicato i suoi molteplici doni? O gli Angeli non porteranno riverenza a noi che veniamo saziati da questo Pane? Chi potrà ancora disprezzarci? Incuteremo terrore perfino ai demoni.
Quale onore e dignità, quale frutto e giovamento deriva a noi dal ricevere questo Sacro Pane. Quanto dovremmo ammirate questa Mensa celeste!
La Regina di Saba andò a trovare Salomone quando le giunse notizia della sua fama; poi, “quando ebbe ammirato la sapienza di Salomone, la reggia che egli aveva costruito, i cibi della sua tavola, gli alloggi dei suoi servitori, l’attività dei suoi ministri e le loro divise, i suoi coppieri e le loro vesti, gli olocausti che egli offriva nel Tempio, ne rimase incantata. (…)” (2 Cr 9,3-7) Ma quanto più dovetti rimanere stupiti voi, fratelli amatissimi, di questa Sacratissima Mensa nella quale non altro viene ricevuto in cibo se non la Carne e il Corpo di Cristo Dio. Ben a ragione sono da chiamare e stimare beati i servi di Cristo perché fanno parte del numero dei suoi familiari; ma ancora più felici e beati, perché rafforzati dai doni che da loro richiedono una maggiore vicinanza a Cristo, sia perché portano le fiaccole, sia perché compiono altri uffici dovuti. Beati voi fratelli e sorelle che potete godere questa gioia durante la vita mortale: essa è strada verso la beatitudine eterna e speranza di ottenerla.
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