Da “Cristo nei suoi misteri” di Don Columba Marmion O.S.B.
Il cuore di Cristo
(…) Ma come amare Dio, mi direte, se non lo vediamo? (Deum nemo vidit unquam) (Gv 1, 18). “La luce divina è, quaggiù, inaccessibile “ (1 Tm 6, 16), è vero, ma Iddio si è rivelato a noi nel suo Figlio Gesù: (Ipse illuxit in cordibus nostris… in facie Christi Jesu) (2 Cor 4, 6).
Il Verbo Incarnato è la rivelazione autentica di Dio e delle sue perfezioni, e l’amore che Cristo ci mostra non è altro che la manifestazione dell’amore di Dio. L’amore di Dio, infatti, è in sé incomprensibile, sorpassa del tutto il nostro intendimento; nessuno spirito umano ha potuto concepire che cosa è Dio; in lui, le perfezioni non sono distinte dalla sua natura: l’amore di Dio è Dio stesso: Deus caritas est (1 Gv 4, 8).
Come avremo dunque una idea veritiera dell’amore di Dio? Contemplando Dio che si manifesta a noi in forma tangibile. E qual è questa forma? E’ l’umanità di Gesù. Cristo è Dio e Dio che si rivela a noi. La contemplazione della santa umanità di Gesù è la via più sicura per arrivare a una verace conoscenza di Dio. “Colui che vede lui vede il Padre“ (Gv 14, 9), l’amore che ci porta il Verbo Incarnato rivela l’amore del Padre a nostro riguardo poiché “il Verbo e il Padre non sono che uno“: (Ego et Pater unum sumus) (Gv 10, 30).
Questo ordine una volta stabilito, non è più suscettibile di cambiamento. Il Cristianesimo è l’amore di Dio che si manifesta al mondo attraverso il Cristo, e tutta la nostra religione si compendia nella contemplazione di questo amore di Cristo e nello studio di corrispondere a questo amore per giungere a Dio. Tale il piano divino, tale il pensiero divino sopra di noi. Se non vogliamo corrispondervi, non vi sarà per noi né luce né verità né sicurezza né salvezza. Ora l’attitudine essenziale che questo piano divino reclama da noi è quella di figli adottivi. Noi rimaniamo esseri tratti dal nulla e al cospetto “ di questo Padre dell’incommensurabile maestà “ (Inno Te Deum) dobbiamo prostrarci coi sentimenti della più umile riverenza; se non che a queste relazioni fondamentali che nascono dalla nostra condizione di creature, si sovrappongono, non per distruggerle, ma per coronarle, relazioni infinitamente più alte, più profonde e più intime che risultano dalla nostra adozione divina e che si riducono tutte a servire Iddio con amore.
Ora questa attitudine fondamentale che deve rispondere alla realtà della nostra celeste adozione è particolarmente favorita dalla devozione al Cuore di Gesù. Facendoci meditare l’amore umano di Cristo per noi, questa devozione c’introduce nel segreto dell’amor divino, e, disponendo le anime nostre a riconoscerlo con una vita di cui l’amore è il movente, alimenta e intrattiene in noi quei sentimenti di filiale pietà che dobbiamo nutrire verso il Padre.
Quando riceviamo il Signore nella santa Comunione, veniamo a possedere in noi questo Cuore divino che è un incendio di amore. Chiediamogli allora istantemente che ci faccia conoscere, egli stesso, questo amore, poiché, in questo, un raggio dall’alto è più efficace di tutti i ragionamenti umani e, anche, chiediamogli che voglia accendere in noi l’amore della sua divina persona. “ Se per grazia del Signore, dice S. Teresa, il suo amore s’imprimerà un giorno nei nostri cuori, tutto ci diverrà facile, e con la più grande rapidità e senza pena alcuna passeremo tosto alle opere”. Se questo amore per la persona di Gesù è nel nostro cuore, proromperà da noi una grande attività. Potremo, è vero, incontrare delle difficoltà subire grandi prove e tentazioni violente, ma se amiamo Gesù Cristo, queste difficoltà, queste prove ci troveranno ben saldi: (Aquae multae non potuerunt extinguere caritatem) (Ct 8, 7); quando l’amore di Cristo ci invade, allora “non vogliamo più vivere per noi stessi, ma per colui che ci ha amati e si è offerto per noi“: (Ut et qui vivunt jam non sibi vivant, sed ei qui pro ipsis mortuus est) (2 Cor 5, 15).
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