Dalla Somma Teologica di san Tommaso d’Aquino – II, 1, a2
La convenienza dell’Incarnazione
Tale convenienza può rilevarsi rispetto all’avanzamento dell’uomo nel bene. Primo, quanto alla fede, che acquista maggiore sicurezza dal credere alla parola immediata di Dio in persona. Perciò S. Agostino afferma: “Perché l’uomo con più fiducia accedesse alla verità, la Verità stessa, il Figlio di Dio, col farsi uomo gettò le fondamenta della fede”. – Secondo, quanto alla speranza, che nell’incarnazione trova il suo stimolo più efficace: “Nulla”, dice S. Agostino, “era tanto necessario a infonderci speranza quanto la dimostrazione del grande amore che Dio ci porta. Ma quale segno poteva essere più chiaro di questo, che la degnazione del Figlio di Dio a unirsi con la nostra natura?”. Terzo, quanto alla carità, che nell’incarnazione trova il suo massimo incentivo. Di qui le parole di S. Agostino: “Qual altro fine più grande ha la venuta del Signore se non la manifestazione dell’amore di Dio per noi?”. E conclude: “Se poteva costarci di amare, che almeno non ci costi riamare”.
Quarto, rispetto al ben operare, in cui con l’incarnazione Dio stesso si è fatto nostro modello. “Avevamo l’obbligo”, spiega S. Agostino, “non di seguire l’uomo che si vedeva, ma Dio che non era visibile. Perciò, per dare all’uomo di poter vedere chi doveva seguire, Dio si fece uomo”. Quinto, quanto alla piena partecipazione della divinità, che è la vera beatitudine dell’uomo e il fine della sua vita. Tale piena partecipazione ci viene conferita per l’umanità di Cristo: infatti “Dio si è fatto uomo, perché l’uomo diventasse Dio”, scrive S. Agostino.
Altrettanto utile era l’incarnazione per allontanare l’uomo dal male.
Primo, perché persuade l’uomo a non stimare il diavolo, primo artefice del peccato, al di sopra di se stesso e a non prestargli ossequio. Per questo avverte S. Agostino: “Poiché la natura umana poté essere unita a Dio così intimamente da divenire con lui una sola persona, non osino quei superbi spiriti maligni anteporsi all’uomo vantandosi della propria incorporeità”.
Secondo, l’incarnazione c’insegna quanto sia grande la dignità della natura umana, affinché non la macchiamo peccando. “Dio ci ha mostrato quale eminente posto abbia tra le cose create la natura umana, apparendo tra gli uomini come vero uomo”, afferma S. Agostino. E il papa S. Leone ammonisce: “Riconosci, o cristiano, la tua dignità e, fatto partecipe della natura divina, non tornare all’antica miseria con un’indegna condotta”.
Terzo, per distogliere l’uomo dalla presunzione “viene esaltata in Cristo uomo la grazia divina, non preceduta da merito alcuno”, come si esprime S. Agostino. – Quarto, perché, per dirla col medesimo Santo, “una così grande umiltà di Dio è in grado di riprendere e di guarire la superbia dell’uomo, che costituisce l’impedimento più grave per la sua adesione a Dio”.
Quinto, l’incarnazione giovò a liberare l’uomo dalla servitù. Ciò doveva avvenire, dice S. Agostino, “in modo che il diavolo fosse vinto dall’uomo Cristo Gesù”; e si attuò mediante la soddisfazione offerta da Gesù per noi. Un puro uomo infatti non avrebbe potuto soddisfare per tutto il genere umano; Dio d’altra parte non doveva soddisfare; era quindi necessario che Gesù Cristo fosse Dio e uomo. Di qui le parole di S. Leone papa: “La potenza assume la debolezza, la maestà l’abiezione; perché in corrispondenza dei nostri bisogni un solo e medesimo mediatore tra Dio e gli uomini potesse morire e risorgere per attributi diversi. Se infatti non fosse vero Dio, non potrebbe rimediare al nostro bisogno; se non fosse vero uomo, non sarebbe per noi un esempio”.
Ci sono poi moltissimi altri vantaggi derivati dall’incarnazione al di sopra della comprensibilità umana.
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