Dall’Epistolario di san Padre Pio
La domanda dell’acqua di vita che guarisce
«Mio carissimo padre, la pace di Gesù custodisca il vostro cuore da ogni macchia di colpa e la Vergine santissima vi ottenga dal suo Figliuolo quell’abbondanza di grazia, che vi faccia sempre camminare in modo degno della vostra vocazione, con ogni umiltà e mansuetudine. Così sia.
Ricevo la vostra ultima, la leggo con stupore e sembrami di sognare ad occhi aperti. Mio Dio! Sarà mai vero tutto quello che mi annunziate? É mai possibile che il Signore abbia da rimanere glorificato in una sì meschinella sua creatura?
Piaccia al Signore di rendere esauditi i nostri comuni voti e di rendere avverato il vostro sogno fatto in mio riguardo! In quanto a me io non mi arresterò dal piangere tutte le ore che mi restano da vivere, poiché voi conoscete quanto mi strazia il cuore il vedere tanti poveri ciechi, che fuggono più del fuoco quel dolcissimo invito del divin maestro: «Venite a me, voi tutti che avete sete, ed io vi darò da bere.»
L’animo mio si vede estremamente straziato nel trovarsi di fronte a questi veri ciechi che non sentono punto pietà per se stessi, avendo le passioni tolto loro talmente il senno, che non sognano neppure di venire a bere questa vera acqua di paradiso.
Uno sguardo, o padre, e poi ditemi se ho ragione di menare vita infelice per la follia di cotesti ciechi. Mirate come trionfano i nemici della croce sempre più ed ogni giorno. Oh cielo! Costoro di continuo bruciano di vivo fuoco, tra mille desideri di soddisfazioni terrene.
Gesù l’invita di andare a dissetarsi di quell’acqua sempre viva. Gesù conosce assai ben quanto bisogno hanno costoro di bere a sazietà di questa nuova acqua, che lui tiene apparecchiata a chi veramente ha sete, per non perire in mezzo alle fiamme dalle quali son dessi divorati.
Gesù rivolge loro quel tenerissimo invito: «Venite a me voi tutti che avete sete, ed io vi darò da bere». Ma, Dio mio! Qual risposta ne ottenete da cotesti infelici? Essi danno segno di non intendervi, vi sfuggono, e, quello che è peggio, cotesti sciagurati avvezzi da lunga età a vivere in quel fuoco di soddisfazioni terrene, invecchiati tra quelle fiamme, più non sentono gli amorosi vostri inviti e neppure s’avveggono più del pericolo grande, orrendo in cui sono (…) Ma deh, o padre mio, quanto sono stolto: chi mi assicura che non sia anch’io del numero di cotesti infelici? Sento, è vero, anch’io sete di questa vera acqua di paradiso, ma chi sa che non sia dessa veramente quella che pur ardentemente desidera l’anima mia?! (…) Piaccia al Signore, sorgente di tutta la vita non voler negare a me quest’acqua sì dolce e sì preziosa, che egli nella esuberanza del suo amore per gli uomini promise a chi ne ha sete. Io la bramo, o Padre mio quest’acqua; io la chieggio a Gesù con gemiti e sospiri continui. Pregate anche voi, affinché non si nasconda a me; ditegli, o padre, che egli sa quanto gran bisogno ho io di codesta acqua che sola può guarire una anima ferita d’amore.»
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