Dall’ Autobiografia di S. Ignazio di Loyola
La conversione
La vigilia di Nostra Signora di marzo [festa dell’Annunciazione] del 1522, verso notte, in tutta segretezza andò a cercare un povero e, spogliatosi di tutti i suoi abiti, glieli diede, e lui indossò la tunica che ormai solo desiderava. Poi andò a prostrarsi davanti all’altare di nostra Signora e un po’ in ginocchio e un po’ in piedi con il bordone in mano, vi trascorse tutta la notte. Partì all’alba per non essere riconosciuto. Non prese la strada che portava a Barcellona perché vi avrebbe incontrato molte persone che, conoscendolo, lo avrebbero ossequiato; ma si diresse verso un paese chiamato Manresa, dove si proponeva di prendere alloggio in un ospizio per alcuni giorni. Voleva anche scrivere alcune cose in un suo quaderno che custodiva gelosamente e che gli dava molta consolazione. Era già a una lega da Montserrat quando lo raggiunse un tale che veniva di corsa a cercarlo e che gli domandò se era stato davvero lui a dare dei vestiti a un povero, come questi sosteneva. Rispose di sì, e per compassione di quel mendicante a cui aveva regalato i suoi abiti gli vennero le lacrime agli occhi: si rendeva conto che lo avevano maltrattato supponendo che li avesse rubati. Per quanto cercasse di sottrarsi alla stima della gente, ben presto a Manresa si fece un gran parlare di lui, essendo giunta notizia di quello che aveva fatto a Montserrat. Poi la fama crebbe, e si andava raccontando più del vero: che aveva lasciato un gran patrimonio, eccetera.
A Manresa ogni giorno andava a chiedere l’elemosina. Non mangiava carne e non beveva vino anche se gliene davano. Ma di domenica non digiunava e se gli offrivano un po’ di vino lo beveva. (…) Durante la permanenza nell’ospizio gli accadde spesso, in pieno giorno, di vedere nell’aria, vicino a sé, una cosa che lo riempiva di consolazione, perché era bellissima, piena di fascino. Non riusciva a comprendere che genere di cosa fosse: in qualche modo gli sembrava che avesse forma di serpente, con molti punti che splendevano come occhi, anche se non lo erano. Nel contemplarla provava molta gioia e consolazione, e quanto più spesso la vedeva tanto più cresceva la consolazione; quando invece essa scompariva ne provava dispiacere.
Fino a questo momento era rimasto sempre quasi allo stesso grado di vita interiore, caratterizzato da gioia molto costante, ma senza alcuna penetrazione delle cose interiori dello spirito. Nei giorni in cui perdurò quella visione (continuò infatti per molti giorni), o poco prima che cominciasse, fu assalito da un pensiero violento che lo molestava mettendogli in evidenza le difficoltà di questa sua vita. Pareva che qualcuno gli dicesse dentro l’anima: «Come potrai tu vivere fino a settant’anni sopportando questo genere di vita?». Ma a tale insinuazione ribatté, pure interiormente, con grande risolutezza (avvertendo bene che proveniva dal nemico): «Miserabile! Hai forse tu potere di garantirmi un’ora sola di vita?». Così vinse quella tentazione e ritornò tranquillo. Questa fu la prima tentazione che ebbe dopo il cambiamento di vita sopra descritto. La superò entrando in una chiesa. In questa ogni giorno ascoltava la messa solenne, vespro e compieta in canto; e nel parteciparvi provava grande consolazione. Ordinariamente durante la messa leggeva la Passione; e si sentiva sempre animato da un impegno costante.
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