S. Giovanni M. Vianney (m)

S. Giovanni M. Vianney (m)

Quando:
4 Agosto 2020 h. 3:15 – 4:15
2020-08-04T03:15:00+02:00
2020-08-04T04:15:00+02:00
Dove:
Monastero Cistercense Valserena

Dalle omelie del Santo Curato D’Ars

 

16ª Domenica dopo Pentecoste – L’umiltà

(…) Io affermo che questa virtù ci è assolutamente necessaria se vogliamo che le nostre azioni siano ricompensate nel Cielo; poichè Gesù Cristo stesso ci dice che non possiamo salvarci senza l’umiltà, come senza il Battesimo. (…) Ma, in cosa consiste l’umiltà? Ecco: vi dirò dapprima che vi sono due specie di umiltà, una interiore e l’altra esteriore.

L’umiltà esteriore consiste nel non compiacersi con se stessi per aver avuto successo in qualche opera che si sia compiuta, e nel non ripeterla a tutti; nel non raccontare i nostri colpi di testa, i viaggi che si sono fatti, il nostro saper fare e la nostra abilità, e nel non raccontare ciò che ci sia stato detto, magari a nostro vantaggio. Inoltre, in secondo luogo, l’umiltà consiste nel nascondere il bene che possiamo aver fatto, come sono le nostre elemosine, le preghiere, le penitenze, i servizi che abbiamo reso al prossimo, le grazie interiori che il buon Dio ci abbia fatto. In terzo luogo, nel non provare piacere quando siamo lodati; nel cercare di distoglierne l’attenzione, attribuendo a Dio il buon successo per il quale siamo lodati; o nel far sapere che ciò (i complimenti) ci risulta penoso, e nell’andarcene, se lo possiamo. In quarto luogo, l’umiltà consiste nel non dire mai nè bene nè male di se stessi. Vi sono alcuni che parlano spesso male di se stessi, per attirarsi le lodi: questa è una falsa umiltà, che viene chiamata: “umiltà a uncino”. La cosa migliore è non parlare affatto di voi stessi, ma accontentatevi di pensare che siete dei miserabili, e che occorre tutta la carità di un Dio, per tollerarvi sulla terra. In quinto luogo, l’umiltà consiste nel non disputare mai con i propri simili; occorre cedere loro in tutto ciò che non sia contrario alla coscienza; non credere di avere sempre ragione; anche se la si ha, bisogna subito pensare che ci si potrebbe sbagliare, come è successo tante altre volte; e soprattutto, non ostinarsi ad avere l’ultima parola, cosa che denota uno spirito orgoglioso. In sesto luogo, non bisogna mai mostrare tristezza, quando sembra che ci stiano disprezzando, né andare a lamentarsene con altri; ciò dimostrerebbe che non abbiamo nessuna umiltà, poiché, se ne avessimo, non ci sembrerebbe mai che gli altri ci disprezzino, poiché nessuno potrebbe mai trattarci così come meriteremmo, a causa dei nostri peccati; ma, al contrario, bisogna ringraziarne il buon Dio, come il santo re Davide, che rendeva bene per male, pensando a come egli stesso avesse disprezzato il Signore, con i suoi peccati. In settimo luogo, bisogna essere molto contenti quando ci si disprezza, sull’esempio di Gesù Cristo, di cui è detto che «si dissetava di obbrobri», e sull’esempio degli apostoli, che «provavano grande gioia per essere stati trovati degni di soffrire qualche disprezzo, qualche ignominia, per amore di Gesù Cristo»; ciò che costituirà tutta la nostra felicità e la nostra speranza, nel momento della morte. In ottavo luogo, non dobbiamo trovare scuse per le nostre colpe, quando abbiamo fatto qualcosa che possa farci biasimare; non dobbiamo far pensare che non sia così, sia con menzogne che con raggiri, o con la nostra espressione che voglia insinuare che non sia così. Quandanche fossimo accusati falsamente, purchè la gloria di Dio non ne sia interessata, non dobbiamo dire nulla. (…) In nono luogo, l’umiltà consiste nel fare tutto ciò che vi sia di più disgustoso, quello che gli altri non vorrebbero fare, e nell’aver piacere nel vestirsi con semplicità. Ecco, fratelli miei, in cosa consiste l’umiltà esteriore.

Ma in cosa consiste l’umiltà interiore? Ecco. Essa consiste anzitutto nell’avere un basso sentimento di se stessi, nel non applaudirsi mai nel proprio cuore, quando si è fatto qualcosa che sia ben riuscita, ma credersi indegni e incapaci di fare alcuna azione buona, basandoci sulle parole di Gesù Cristo stesso che ci dice che «senza di Lui, non possiamo fare nulla di buono»; non potremmo neppure pronunciare una parola, come, ad esempio, dire il Nome di Gesù, senza l’aiuto dello Spirito Santo. In secondo luogo, l’umiltà interiore consiste nell’essere a proprio agio, pur sapendo che gli altri conoscono i nostri difetti, per avere così l’occasione di restare raccolti nel nostro nulla. In terzo luogo, nell’essere molto contenti che gli altri ci superino nel bene, nello spirito, nella virtù o in qualunque altra cosa; nel sottomettersi alla volontà e al giudizio altrui, tutte le volte che ciò non sia contro la coscienza. Sì, fratelli miei, una persona veramente umile deve essere simile a un morto che, nè si infastidisce per le ingiurie che gli si rivolgono, nè si rallegra per le lodi che gli vengono fatte. Ecco, fratelli miei, che cosa significa possedere l’umiltà cristiana, che ci rende così graditi a Dio, e così amabili al prossimo.

Ora guardate se ce l’avete oppure no; e, se non l’avete, non vi resta altro da fare, per potervi salvare, che domandarla a Dio, fino a che non l’avrete ottenuta, perchè, senza di essa non entreremo mai in Cielo.

 

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