Giovanni Paolo II, Dalla lettera apostolica Amantissima providentia
Per il VI centenario del transito di S. Caterina da Siena
L’esperienza umana e divina
L’amabile provvidenza divina si manifesta in vari modi protagonista della storia, accendendo sempre nuove luci sul cammino dell’uomo. Spesso sceglie per questo delle persone apparentemente disadatte e ne eleva talmente le facoltà native, da renderle capaci di azioni assolutamente superiori alla loro portata. E questo fa non tanto per confondere la sapienza dei sapienti (1Cor 1,19), quanto per mettere in luce la sua opera, che non ha bisogno di sostegni umani, e per indicare più chiaramente agli uomini a quale dignità li eleva la sua grazia e a quali grandezze ancora maggiori può e vuole condurli la sua guida. Ciò è particolarmente evidente nella vita e nelle opere di santa Caterina da Siena, (…). In lei infatti il divino Spirito fece risplendere meravigliosi arricchimenti di grazia e di umanità, per mezzo dei doni di sapienza, d’intelletto e di scienza, coi quali la mente umana diventa estremamente sensibile alle divine ispirazioni, «nella conoscenza delle cose divine e delle umane». (…) Figlia di un tintore di panni, penultima di 25 nati, Caterina prese molto presto coscienza dei bisogni del mondo e, attratta dall’ideale apostolico domenicano, volle entrare nelle file del terz’ordine o, come allora si diceva in Siena, tra le mantellate, le quali, pur non essendo suore né vivendo in comunità, portavano l’abito bianco e il mantello nero dell’ordine dei predicatori. Giovanissima, già si distingueva per la carità verso i poveri e gli ammalati, la pazienza nel sopportare le maldicenze degli uomini e le battaglie interiori col demonio, la saggezza e l’umiltà degli atteggiamenti e dei pensieri. Intanto si esercitava in un coraggioso programma ascetico, basato su criteri efficienti, che avrebbe più tardi inculcati ai suoi discepoli: «Non lasciar passare i movimenti (della natura disordinata) che non siano corretti».
Le si raggruppava poi intorno una varia accolta di discepoli d’ogni ceto, attratti dalla sua pura fede e dalla schietta accoglienza della parola di Dio, senza mezzi termini e senza compromessi. Erano laici, mantellate e religiosi di vari ordini, alcuni conquistati da fatti prodigiosi. Tutti ricevevano da lei una singolare assicurazione, di cui spesso sperimentavano la validità: quella d’assisterli dovunque fossero e di pagare anche per i loro errori. Il Signore la istruiva, come un maestro con la sua alunna, e le scopriva a grado a grado «quelle cose che sarebbero state utili all’anima sua».
Il progresso spirituale culminò con lo sposalizio nella fede, che poteva sembrare il sigillo di una vita votata all’isolamento e alla contemplazione. Invece il Signore, nel darle l’anello invisibile, intendeva unirla a sé nelle imprese del suo regno. La popolana ventenne vedeva ciò in termini di separazione dallo Sposo celeste, ma egli invece la rassicurava che intendeva stringerla di più a sé «mediante la carità del prossimo», cioè contemporaneamente sul piano della mistica interiore e su quello dell’azione esteriore o della mistica sociale, com’è stato detto.
Fu come un’impennata verso più ampi spazi, che s’aprivano davanti alla sua mente e alla sua iniziativa. Passò dalla conversione di singoli peccatori alla riconciliazione tra persone o famiglie avversarie; alla rappacificazione fra città e repubbliche. Non ebbe paura di passare tra le fazioni in armi né s’arrestò di fronte al dilatarsi degli orizzonti, che da principio l’avevano spaventata fino al pianto. L’impulso del maestro divino svelò in lei come un’umanità d’accrescimento. Per lei, figlia d’artigiani e donna senza lettere, cioè senza scuola né istruzione, la visione del mondo e dei suoi problemi superò enormemente i limiti del suo quartiere, fino a progettare la sua azione in termini mondiali. Al suo ardire non c’eran più limiti, né alla sua ansia per la salvezza degli uomini.
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