Mercoledì dell’Ottava di Pasqua

Mercoledì dell’Ottava di Pasqua

Dal Sermone XI nel Santo giorno di Pasqua di S. Aelredo

 

Il sacrificio dell’agnello significava la Passione

 

Nell’agnello c’era il significato della Passione del Signore, e perciò fu comandato che ogni anno quell’agnello venisse ucciso, in memoria della stessa Passione del Signore. La commemorazione della passione del Signore sta dunque nell’agnello, quasi fosse vino nel calice. Ma il Signore lo ha versato da questo a quello, poiché ha trasferito la commemorazione della sua Passione, che prima era in quell’agnello, nel sacramento del suo Corpo e del suo Sangue, che ora ha consegnato ai discepoli, dicendo: Fate questo in memoria di me. Là c’era una certa mescolanza a motivo delle osservanze carnali, poiché anche se l’agnello significava il Corpo di Cristo tuttavia non era in verità corpo di Cristo, ma agnello. Nel nostro sacramento non c’è nessuna mescolanza, poiché il nostro sacramento dopo la consacrazione non è ormai più sostanza di bestiame, ma neppure di pane e di vino come era prima, ma in verità Corpo e Sangue di Cristo. Ma poiché il profeta previde in spirito che i Giudei carnali non avrebbero voluto abbandonare la feccia delle osservanze carnali, per questo aggiunse: Ma la sua feccia non è evaporata. Il vino è stato tolto, ma la feccia rimane ancora. E perciò aggiunge: Berranno tutti i peccatori della terra. Ma alcuni berranno la feccia, altri il vino. Prima della venuta del Signore e prima della sua passione i soli giudei bevevano da questo calice, ma vino misto, non puro. Da lì non bevevano i pagani e perciò non bevevano tutti i peccatori. Cristo patì per noi, risorse, ascese al Cielo, ed ecco bevono tutti i peccatori della terra. Bevono cioè sia giudei, che pagani. Ma i giudei non bevono se non la feccia, noi non beviamo se non il vino. Quelli hanno l’agnello in cui non rimane più nessun sapore di significato, noi abbiamo l’Agnello che ha tolto il peccato del mondo, nel quale c’è l’espressione della sua verità. Vedete dunque come lo ha versato da questo a quello. Nell’antica pasqua, secondo il precetto della Legge, con la carne dell’agnello si mangiavano pani azzimi con erbe agresti. Ecco il calice nella mano del Signore. Quale vino c’era in questo mistico calice? Proprio il significato di una umiltà sincera. Che cos’è il fermento del lievito, se non la superbia? Perciò l’apostolo ci esorta: Togliete via il vecchio lievito.

(…) E ormai vedete il nostro Signore come si alzò da cena, come si cinse di un lino, come lava i piedi ai discepoli. Così quel significato di umiltà che era nei pani azzimi lo prende e lo trasfonde in questo sacramento. Dice infatti: sapete che cosa io vi ho fatto: voi mi chiamate Maestro e Signore, e dite bene, perché lo sono. Se dunque io, il Maestro e il Signore ho lavato i vostri piedi, anche voi dovete lavarvi i piedi gli uni gli altri.  Questa lavanda non solo ha il significato di una cosa grande, di cui non è ora tempo di parlare, ma anche un esercizio evidente di umiltà.

 

 

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