Dalle Omelie di Amedeo di Losanna (VIII)
La beatissima Vergine Maria, singolare per il suo merito, si tiene dunque in presenza del Creatore, intercedendo in nostro favore con la sua potentissima preghiera. Istruita infatti da questa luce che mette tutto a nudo e allo scoperto, Maria vede tutti i nostri pericoli e, come regina dolce e clemente, ha pietà di noi con un cuore veramente materno. Gli animali sacri di cui si legge in Ezechiele che sono coperti di occhi davanti e di dietro, dentro e fuori e tutto intorno, possono scrutare le pene degli uomini, i loro dolori, le loro cadute, le loro debolezze, i loro accecamenti, le loro malattie, i loro pericoli estremi, gli esiti incerti della loro vita e tutti i mali del genere umano, ma molto di meno di quanto faccia la Madre di Dio. Infatti, per quanto scrutino, non possono sopprimere o scartare tutto questo. Maria, invece, sa aver pietà degli afflitti e soccorrere gli infelici, per la grazia della divina tenerezza, in modo tanto più profondo quanto più contempla in modo più sublime rispetto alle altre creature, il cuore dell’immenso Re. Per questo, per un disegno della Provvidenza divina, fu chiamata Maria, cioè “stella del mare”, per significare con il suo nome che essa mostra le cose in modo molto più chiaro. In effetti dopo la sua salita al cielo per regnare con il suo Figlio, rivestita di bellezza, Maria è rivestita anche di forza, se ne è cinta i fianchi per calmare con un solo gesto i flutti spaventosi del mare. Coloro che navigano sul mare del mondo presente e che la invocano con una piena confidenza, li libera dal soffio della tempesta e dal furore dell’uragano e li conduce, associandoli al suo trionfo, alla riva della patria felice. Non si può dire carissimi, quante volte alcuni si sarebbero scontrati con gli scogli più acuti, con il rischio di naufragare e altri si sarebbero perduti nelle terribili sirti, senza poter fare ritorno. Non si può dire quante volte l’abisso di Scilla avrebbe inghiottito gli uni nella sua orribile voragine e il dolce canto delle sirene avrebbe affascinato gli altri a loro perdizione, se la stella del mare, Maria sempre Vergine, non si fosse frapposta con il suo potentissimo soccorso e se, il timone ormai rotto e la nave sconquassata, non avesse portato lei stessa i suoi figli, privi di ogni aiuto umano, dirigendo il loro cammino sotto la sua celeste protezione, verso il porto della pace interiore.
Esultando così per quest’ultimo trionfo, per la liberazione dei condannati e per l’accrescimento dei popoli, Maria si rallegra nel Signore. E non contenta di queste vittorie riportate, ma desiderosa di salvare gli uomini, non cessa di scacciare lontano il nemico invidioso per conquistare altre numerose vittorie. Con mano forte e braccio teso, invade il territorio dei tiranni e attacca le roccaforti del demonio, facendo tremare l’inferno sotto i suoi piedi e fuggire il principe della morte, colpito da un terribile timore. Infine sotto suo ordine, Behemot vomita la preda che aveva inghiottito nel ventre della sua malizia, vomitando con dolore ciò che tratteneva con orgoglio smisurato. Coloro che erano caduti si rialzano; ritornano i penitenti. L’empio li vede e si adira. La sua mascella perforata dall’amo della Croce del Signore rende alla libertà coloro che tratteneva come prigionieri, digrigna i denti e si rode dalla rabbia. La Madre li riconcilia con il Figlio, la Vergine li riconcilia con Dio, restituendo loro la vita e strappandoli definitivamente alla morte. Il desiderio degli empi perisce, ma il desiderio della beata Vergine Maria si realizza quando, ogni giorno, vengono liberati coloro che sono prigionieri della fossa della miseria e del pantano fangoso, affinché sciolti dalla pena eterna del peccato e dal profondo dell’iniquità respirino, per il perdono loro accordato, l’aria di una perenne libertà. Così, Maria raduna i dispersi, richiama gli smarriti, liberando coloro che sono condotti alla morte e non cessa di liberare coloro che vede trascinati al supplizio.
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