Dalle omelie di san Paolo VI nella solennità dell’Assunzione
(15 agosto 1963)
Si tratta di grandi misteri, che richiamano attento, ineffabile, studio. Immediatamente è dato rilevare come il tessuto teologico della dottrina sulla Madonna è solidamente fondato non sulla devozione, sulla fantasia anche buona e pur legittima dei suoi cultori e dei suoi devoti, ma possiede incrollabile fondamento nella realtà storica, nella rivelazione biblica, che fa di Maria la creatura incomparabile: Madre di Dio e Madre nostra.
E quindi innumerevoli sarebbero le deduzioni derivanti per noi segnatamente circa i rapporti che noi dobbiamo avere con la Madonna, il culto, la devozione, per Lei. Basterà tuttavia cogliere uno spunto, che è certezza consolantissima, poiché ci presenta il prototipo di vera e propria vita religiosa e cristiana. Sorge infatti naturale, per noi, il desiderio di formulare un accostamento in Maria, tra il suo periodo nel tempo quaggiù e il suo splendore nell’eternità. Noteremo che si tratta di un rapporto di estrema coerenza. Perché la Madonna è stata assunta in Cielo? Ma è stato detto poc’anzi: perché innocente; perché Madre di Dio; perché ha sofferto con Cristo; ed è, quindi, la Madre della Chiesa. Non fu il primo saluto dettole dall’Angelo «gratia piena»; e, poco dopo, quello di Elisabetta «benedicta tu inter mulieres»? A così eccelsa persona non poteva dunque mancare quella vividissima gloria. Chi ha avuto una somma tale di grazie come quelle di Maria e ha dato una risposta perfetta, sovrumana, alla vocazione di Dio, mediante offerta ineguagliabile e virtù sublimi, ben meritava d’essere proclamata Regina degli Angeli e dei Santi.
Tutto ciò dice a noi – ed ecco l’insegnamento pratico – un grande dovere: quello di pensare di più al rapporto tra la nostra vita presente e quella futura. Ci pensiamo?
O non siamo, invece, anche noi immersi nelle realtà temporali, che ci fanno indugiare su queste, mentre ben altre considerazioni ci attendono, che le stesse realtà temporali dovrebbero pur suggerire? Il dovere, cioè, di passare in mezzo al mondo, guardando alla mèta, al fine ultimo, tenendo presente la stazione a cui siamo diretti; lo scopo della nostra vita mortale, la quale altro non è se non esperimento – lo sappiamo – prova, vigilia, preparazione alla vita eterna. Ci pensiamo? O non restiamo troppo spesso dimentichi di questo nostro superiore destino, arrivando financo ad omettere di tracciare un rapporto fra i giorni presenti e la vita futura? Dobbiamo, invece, ricercare sempre, assiduamente, cioè che rende il pellegrinaggio nel tempo degno d’essere coronato dal gaudio indefettibile: e troveremo che sarà il buon comportamento, la rispondenza ai voleri di Dio, la purezza, e quel modo splendente di agire, quello stile armonioso, in cui appunto consiste la vita cristiana.
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