Dall’Araldo del divino Amore di s. Geltrude (V, IX)
La purificazione di un’anima
Un mese dopo morì l’altra consorella che apparve in una luce meravigliosa di bellezza, all’indomani della sua morte. Quello splendore le conveniva perché, durante tutta la vita, era stata ricca d’innocente semplicità, sempre intesa alla fervente osservanza della S. Regola. Le restava però ancora una macchia perché, durante la malattia si era compiaciuta in qualche superfluità e dei piccoli doni, gentilezze e conforti che le Suore le avevano prodigato.
Ecco come venne purificata. Sembrava stare alla porta del cielo, rivolta verso il Re di gloria, che a lei si manifestava nella sua incomparabile avvenenza, dolce ed amabile al di là di ogni umana espressione. Egli attirava l’anima che pareva venir meno per il desiderio di incontrare Lui; ma non poteva giungervi, perché ritenuta alla soglia da chiodi che trattenevano a terra i suoi abiti, simbolo delle mancanze leggere che aveva commesse durante la malattia.
Geltrude, favorita da questa visione, commossa di pietà, pregò per la defunta, e la divina clemenza la liberò da quegli ostacoli. (…)
Geltrude (chiese al Signore): «Tu hai affermato, mio amorosissimo Gesù, che avresti dato a quest’anima lo stesso bene che hai concesso alla consorella che l’ha preceduta; come ciò può avvenire? La prima ti ha servito più a lungo nella religione, ella esercitò maggiori virtù, infine è a te salita senza ostacolo alcuno, in una pienezza maggiore di gloria». «La mia giustizia non muta» affermò il Signore. «Ciascuno riceve il premio dovuto al suo lavoro, nè capiterà giammai che colui che ha meritato meno, riceva di più di chi ha maggiormente faticato; però può darsi che certe circostanze aumentino il pregio degli atti, per esempio un’intenzione più retta, una lotta più intensa, una carità più ardente. La mia bontà poi aggiunge sempre qualche cosa alla ricompensa dovuta a ciascuno. Talora anche le preghiere dei fedeli, o altre circostanze meritorie, fanno, sentire la loro influenza. Secondo queste regole ho uguagliato le due defunte, pur rimunerandole secondo i loro meriti».
Per renderci sempre più convinti che bisogna veramente temere qualsiasi attacco alle cose della terra, quell’anima beata pareva ancora trattenuta da qualche ostacolo. (…)
Poco dopo esso venne tolto, eppure l’anima non poteva ancora gustare una gloria completa! Il Signore teneva in mano una corona di ricchezza meravigliosa, e la defunta non avrebbe avuto delizia piena, se non dopo di averla ricevuta.
Geltrude chiese: «Come va, o Gesù mio, che nel tuo stesso regno, un’anima può essere torturata da una simile attesa?». «Non è torturata – rispose – ella attende la sua perfetta glorificazione come una giovinetta la vigilia di una festa, che vede con gioia nelle mani della mamma gli ornamenti con cui si adornerà il giorno seguente».
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