Dal trattato La vita cenobitica di Baldovino di Ford
VII. LA COMUNIONE DI GRAZIA CHE È MADRE DELLA VITA COMUNE
Vi è un altro tipo di comunione, quella di quanti vivono in comunità. Di essi è detto: «La moltitudine di coloro che eran venuti alla fede aveva un cuore solo e un’anima sola e nessuno diceva sua proprietà quello che gli apparteneva, ma ogni cosa era fra loro comune». Perché l’essere un cuore solo e un’anima sola, così come la comunione di ogni cosa, fanno la vita comune. E questa riproduce in terra la vita degli angeli, per quanto lo permette l’umana fragilità. Infatti coloro che hanno un cuore solo e un’anima sola e ogni cosa in comune, che dunque sono in ogni cosa concordi e unanimi anteponendo sempre la generale utilità e il bene comune ai vantaggi personali, rinunziano totalmente a se stessi e alle proprie cose: e così, nelle decisioni come nelle discussioni, non ardiscono difendere con ostinazione il proprio modo di sentire, né abbarbicarsi con tenacia alla propria volontà nel profondo del cuore, né possedere qualche cosa anche minima in proprietà personale. Così si comportano quanti vivono questa realtà, se veramente l’accettano dall’interno. Non solo: a causa di Dio essi si umiliano, da veri servi di Dio, sotto la mano del loro compagno di servizio. In tal modo il sentire di tutti discende dal volere di uno che detiene, per dono, ogni potere, e dal quale sono anche orientate le volontà e fra loro contemperate le diverse necessità: poiché lui solo ha il potere di volere e di non volere. Gli altri rinunziano alla loro libertà e al loro potere: ad essi non è lecito volere ciò che vogliono, né potere ciò che possono, né sentire ciò che sentono, e neppure essere ciò che sono e vivere secondo il proprio spirito. Possono vivere solo secondo lo Spirito di Dio dal quale sono mossi, per essere figli di Dio. Fra di essi lo Spirito di Dio è amore, legame e comunione: più è grande l’amore, più forte è il legame e più piena la comunione, e viceversa: più è grande la comunione, più forte è il legame e più pieno l’amore.
Chiamo qui amore quello che ci porta a voler amare Dio prima di ogni cosa e sopra ogni cosa, che informa ogni vita buona di quanti vivono in solitudine come di quanti vivono in comunità affinché sia buona: perché non può essere ritenuta una vita buona quella che l’amore di Dio non ha reso buona. Anzi, essa non è neppure una vita, è l’immagine della morte. (…) Vive davvero solo chi consente con la volontà di Dio, poiché la vita è nella sua volontà. E accetta di amare davvero Dio chi consente con la sua volontà: è questo infatti il modo in cui Dio vuole che si cerchi di amarlo, che si consenta con la sua volontà.
È d’altronde questo anche il modo in cui noi vogliamo essere amati, che si consenta con noi in una volontà unanime; e più uno consente con noi più è considerato amico. Sì, l’amore ama il consentimento, sempre, perché ama la comunione, di cui il consentire è parte: chi consente, sente in comunione con l’altro. Ma poiché l’uomo può avere una volontà buona o una volontà cattiva, egli può essere amato bene o male. È meglio esser preso in odio bene che essere amato male, così come è meglio odiare bene che amare male. Bene amare e bene odiare: due cose buone, due cose di cui siamo debitori al nostro prossimo. Ecco perché ci è comandato di amare i nemici e di prendere in odio gli amici. (…) La benevolenza di cui si fa dono agli amici va moderata con l’odio: il peccatore, per quanto amico sia, non deve esser lodato nelle sue brame. Nessuno dunque ama bene il suo prossimo, se non chi odia bene.
Nell’amore per Dio invece è ben diversa la logica che regna. Così come Dio va amato con tutto il cuore, con tutta l’anima e con tutta la mente, egli va anche amato nella sua totalità. Egli è infatti tutto degno di amore, tutto desiderabile; nulla si può trovare in lui che sia degno di odio, che non sia degno di amore. (…)
Custodiscimi, Signore, come la pupilla degli occhi, custodiscimi dal grande peccato che mi fa tanta paura, dall’odio verso il tuo amore. Che io non pecchi contro lo Spirito santo, che è amore e legame, unità, pace e concordia; che io non mi trovi separato dall’unità del tuo Spirito, dall’unità della tua pace, a commettere il peccato che non sarà perdonato né qui né nel secolo futuro. Serbami, Signore, in mezzo ai miei fratelli e ai miei amici perché io dica la pace che è in te; serbami tra coloro che conservano l’unità dello spirito nel vincolo della pace.
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