Feria di Quaresima

Feria di Quaresima

Quando:
3 Marzo 2020 h. 3:15 – 4:15
2020-03-03T03:15:00+01:00
2020-03-03T04:15:00+01:00
Dove:
Monastero Cistercense Valserena

Dal sermone 29 sul digiuno quaresimale di san Leone Magno

 

Poiché l’essenza del nostro digiuno non consiste nella sola astinenza dal cibo, né costituisce un vantaggio sottrarre l’alimento al corpo, se non si allontana l’anima dal peccato, e non si impedisce alla lingua di fare delle maldicenze. Perciò dobbiamo regolare la nostra libertà nel cibo in modo che anche le altre brame siano domate in forza della medesima legge. Questo è tempo di mansuetudine e di pazienza, di pace e di tranquillità, durante il quale, una volta eliminato il contagio di tutti i vizi, dobbiamo raggiungere lo stabile possesso delle virtù. Ora, la fortezza delle anime buone deve abituarsi a perdonare le colpe, a non raccogliere oltraggi e a dimenticare le offese.

Affinché nella gloria e nel disonore, nella cattiva e nella buona fama, le lodi non inorgogliscano e gli oltraggi non deprimano una coscienza decisa e ferma e un’onestà indefettibile. L’umiltà delle persone religiose non sia ispirata alla mestizia, ma alla santità, né sia dato riscontrare qualche lamentosa recriminazione in coloro per i quali non mancano mai le consolazioni delle gioia sante. Non si abbia timore di perdere le ricchezze nell’esercitare le opere di misericordia. La povertà cristiana rimane sempre ricca, perché quello che possiede è sempre più di quello che non possiede. Né teme dio soffrire l’indigenza in questo mondo, colui al quale è concesso di possedere tutto nel Signore di tutte le cose. Coloro dunque che compiono opere buone non devono assolutamente temere che venga loro a mancare la possibilità di compierle, se considerano che fu lodata la religiosa offerta di quella vedova del Vangelo consistente in due spiccioli e che l’elargizione gratuita di un bicchiere d’acqua fresca è suscettibile di un premio. Poiché il grado di bontà delle anime fedeli viene calcolato in base ai loro sentimenti e la capacità di compiere concreti atti di misericordia non mancherà mai in uno che non difetta della virtù stessa della misericordia. Ha sperimentato questo la vedova di Sarepta, che in tempo di fame mise davanti al beato Elia il cibo di un giorno solo, l’unico che aveva, e anteponendo la fame del profeta al proprio bisogno, si disfece senza esitazione di un po’ di farina e si poco olio. Ma non le venne a mancare ciò che donò con fede, e nei recipienti vuotati con pia generosità scaturì una fonte di nuova prosperità: così a motivo di un impiego santo non diminuì la piena abbondanza di quel nutrimento di cui non si era temuta la mancanza.

 

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