Da papi e autori del XX secolo
Da un’omelia di san Paolo VI nella solennità dell’Epifania (1973)
Noi celebriamo la festa dell’Epifania. Tutti sappiamo la densità di motivi culturali, ai quali tale festa si riferisce. «Il mistero occultato ai secoli e alle generazioni ora è stato rivelato…» (Col. 1, 26). Il problema spirituale dell’umanità, l’attesa profetica delle religioni vaganti sulla terra e nei tempi in cerca d’un incontro autentico e felice col Dio ignoto, (…) la questione religiosa nel suo contenuto reale e profondo, e nella sua universale estensione, ha avuto la sua soluzione, la sua chiave d’intelligenza e di possesso. (…) Merita un tale avvenimento una riflessione senza fine. L’interpretazione globale della storia è resa possibile. L’umanità ha trovato il principio della sua fratellanza, della sua unificazione. La salvezza ha inaugurato il suo dramma meraviglioso e tremendo: «è nato per noi un Salvatore», e si chiama Gesù; Lui è l’immagine trascendente e pur visibile e a noi familiare del Padre; Lui è l’«Alpha e l’Omega, il principio e la fine». A Lui gridiamo con Tommaso: «mio Signore e mio Dio»! Una tale visione del cielo liturgico odierno basterebbe per tenerci incantati in una indefinita contemplazione.
Da un’Omelia di san Giovanni Paolo II (1999)
“La luce splende nelle tenebre, ma le tenebre non l’hanno accolta” (Gv 1, 5).
Tutta la Liturgia parla oggi della luce di Cristo, di quella luce che si è accesa nella Notte Santa. La stessa luce che condusse i pastori alla stalla di Betlemme indica la strada, nel giorno dell’Epifania, ai Magi venuti dall’Oriente per adorare il Re dei Giudei e rifulge per tutti gli uomini e per tutti i popoli che anelano ad incontrare Dio. Nella sua ricerca spirituale, l’essere umano dispone già naturalmente di una luce che lo guida: è la ragione, grazie alla quale egli può orientarsi, se pur a tentoni, verso il suo Creatore. Ma poiché è facile smarrire il cammino, Dio stesso gli è venuto in soccorso con la luce della rivelazione, che ha raggiunto la sua pienezza nell’incarnazione del Figlio, eterna Parola di verità. L’Epifania celebra l’apparizione nel mondo di questa Luce divina con la quale Dio s’è fatto incontro alla fioca lucerna della ragione umana. Nell’odierna solennità si propone così l’intimo rapporto che intercorre tra ragione e fede, le due ali di cui dispone lo spirito umano per innalzarsi verso la contemplazione della verità, come ho ricordato nella recente Enciclica Fides et ratio.
Dall’ Omelia dell’Epifania 2009 di Papa Benedetto XVI
In questo anno 2009, che, nel 4° centenario delle prime osservazioni di Galileo Galilei al telescopio, è stato dedicato in modo speciale all’astronomia, non possiamo non prestare particolare attenzione al simbolo della stella, tanto importante nel racconto evangelico dei Magi. Essi erano con tutta probabilità degli astronomi. Dal loro punto di osservazione, posto ad oriente rispetto alla Palestina, forse in Mesopotamia, avevano notato l’apparire di un nuovo astro, ed avevano interpretato questo fenomeno celeste come annuncio della nascita di un re, precisamente, secondo le Sacre Scritture, del re dei Giudei. San Gregorio di Nazianzo afferma che la nascita di Cristo impresse nuove orbite agli astri. Il che è chiaramente da intendersi in senso simbolico e teologico. In effetti, mentre la teologia pagana divinizzava gli elementi e le forze del cosmo, la fede cristiana, portando a compimento la rivelazione biblica, contempla un unico Dio, Creatore e Signore dell’intero universo. É l’amore divino, incarnato in Cristo, la legge fondamentale e universale del creato.
Da Gesù di Nazareth di Joseph Ratzinger
L’icona del battesimo di Gesù riproduce l’acqua come un sepolcro liquido, dalla forma di cavità oscura, che a sua volta è l’immagine iconografica dell’Ade, gli inferi, l’inferno. La discesa di Gesù in questo sepolcro liquido, in questo inferno, che lo contiene tutto, è anticipazione della discesa agli inferi: (…) Il battesimo di Gesù viene così inteso come compendio di tutta la storia, in esso viene ripreso il passato e anticipato il futuro. L’ingresso nei peccati degli altri è discesa all’ «inferno» – non solo, come in Dante, da spettatore, ma com-patendo e, con una sofferenza trasformatrice, convertendo gli inferi, travolgendo e aprendo le porte dell’abisso. È discesa nella casa del male, lotta con il Forte che tiene prigioniero l’uomo (e quanto è vero che tutti noi siamo tenuti prigionieri dalle potenze senza nome, che ci manipolano!). Questo Forte, invincibile con le sole forze della storia universale, viene sopraffatto e legato dal più Forte che, essendo della stessa natura di Dio, può prendere su di sé tutta la colpa del mondo e la esaurisce soffrendola fino in fondo – nulla tralasciando nella discesa nell’identità di coloro che sono caduti. Questa lotta è la «svolta» dell’essere, che produce una nuova qualità dell’essere, prepara un nuovo cielo e una nuova terra.
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