Dal Sermone vario per la conversione di san Paolo di San Bernardo
Oggi si è convertito Paolo, anzi è Saulo che si è convertito, cambiandosi in Paolo. È diventato invero come quel bambino del Vangelo, del quale parla il Signore quando dice: «Se non vi convertite e non diventate come questo bambino non entrerete nel regno dei cieli». Forse con questo voleva indicare se stesso, e in effetti colui che ci è stato dato come bambino è lo stesso Signore grande e degno di ogni lode, e tuttavia in questo frattempo egli non si mostra nella sua grandezza, ma come un bambino, per offrire se stesso come un esempio attraente ed efficace di quella piccolezza che ci è necessaria. Devi dunque volgerti al bambino, per imparare come essere bambino; e diventare tu pure, nel volgerti a lui, un bambino. Ascolta effettivamente con quanta evidenza egli ti si manifesta nella figura del bambino in cui aveva stabilito la forma della conversione, dato che significativamente ti propone da imitare in sé quelle che sono le peculiarità del bambino: «Imparate da me che sono mite e umile di cuore».
Due forme dì piccolezza ci sono qui, l’umiltà e la mansuetudine; una piccolezza è interiore, l’altra è esteriore. Non si tratta comunque di due virtù piccole, come non è piccolo quel bambino che è così grande da proclamare un insegnamento che è unico. Oggi dunque Paolo si è convertito, oggi ha cessato di essere Saulo, oggi è diventato umile e mite di cuore. Quello che confessa con la bocca quando grida: «Signore, cosa vuoi che io faccia?» mostra l’umiltà del suo cuore. E ne è una prova ancora più evidente la grandezza della grazia che gli è stata conferita, che invero non gli sarebbe stata data con tanta abbondanza se la sua umiltà non fosse stata altrettanto grande.
Oltre a questo, la mansuetudine, che, come ho detto, è una piccolezza in certo senso esteriore, e per ciò stesso più visibile, ci viene raccomandata da questa conversione in tre forme. Invero la nostra mansuetudine è colpita come da un triplice ariete, cioè l’offesa verbale, il danno ai nostri beni, e le ferite del corpo. In tutte e tre queste situazioni ogni manifestazione di pazienza è un esercizio di mansuetudine. Provata è quella virtù che non viene scossa da nessuno di questi attacchi. Dobbiamo considerare come Paolo, tentato nella sua stessa conversione in tutte e tre queste forme, si è dimostrato davvero come Paolo, e in questo davvero già mite e paziente. «Saulo, Saulo, perché mi perseguiti? È duro per te recalcitrare contro il pungolo». Questa è davvero una parola dura, una parola che rimprovera, piena di minaccia. Per quel che riguarda il corpo, è stato sbalzato di sella e gettato a terra. Ha avuto anche un danno nei beni? E certo: è stato infatti privato della luce della vista, e aperti gli occhi, come è scritto, non vedeva nulla. Ha provato e ha esercitato in queste tre cose la pazienza di Giobbe, che ci è stato dato da Dio come esempio preclaro di questa virtù. Ma questo lasciamo che sia il vostro zelo a esplorarlo.
Ci basta avvertirvi che la conversione consiste per gran parte in questa mansuetudine, perché sì vergognino coloro che dovrebbero essere convertiti e che invece, per una qualche lesione del corpo, o un danno nei beni, o, ciò che è ancora più indegno, per un’offesa verbale, si ritrovano ad essere profondamente pervertiti e in rivolta.
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