Dal Quinto Sermone sull’Annunciazione
di S. Bonaventura
Sono innanzitutto la temperanza e la purità del cuore che ottengono la grazia e l’amicizia divina, secondo quanto si legge nel libro dei Proverbi: «Chi ama la purità del cuore per rendersi gradito con le sue parole delle sue labbra godrà l’amicizia del re» (Prov 22, 11), sì a dire che quando si ha il cuore puro anche le labbra sono pure, e se il cuore e le labbra sono puri, tutto il corpo è puro. E laddove sussiste questa triplice purità e bontà d’animo, subentra la grazia e l’amicizia divine, che liberano l’uomo dalla schiavitù del peccato e dalla dannazione eterna come pure dall’abietta condizione presente, come esclama l’Apostolo nella Lettera ai Romani, identificandosi con l’uomo soggiogato dal peccato:
«Sono uno sventurato! Chi mi libererà da questo corpo votato alla morte?» E risponde: «La grazia di Dio per mezzo dì Gesù Cristo» (Rm 7, 24-25). E nel libro dei Proverbi si legge: «La grazia e l’amicizia rendono liberi; non separarti da esse se non vuoi essere riprovevole» (Prov 25, 10, Vulgata). Ma la grazia e l’amicizia si conservano con la purezza, e la purezza con la moderazione e la temperanza; e pertanto, seguendo il consiglio del beato Pietro dobbiamo avere «i fianchi succinti» e vivere in uno stato di sobrietà. Queste sono le due condizioni necessarie per chi vuoi essere temperante nella mente e nel corpo: nella mente, tenendo lontani i pensieri immondi; e nel corpo, rinunciando al superfluo nel mangiare e nel bere, come insegna lo stesso Ecclesiaste con la sua testimonianza: «Ho pensato in cuor mio — egli dice — di sottrarre il mio corpo all’ebbrezza del vino, per dedicarmi con lo spirito alla sapienza» (Qo 2, 3, Vulgata); e la ragione di ciò viene espressa nel libro dei Proverbi: «II vino è lussurioso e l’ebbrezza tumultuosa; chiunque vi si compiace non sarà mai saggio» (Prov 20, 1). Pertanto, per ottenere la grazia e la saggezza, è necessario il freno della temperanza. La sesta disposizione consiste nell’agire con pronta obbedienza. Infatti dove regna la disobbedienza non vi può essere la grazia, come sì legge nel libro dei Proverbi: «Custodisci la legge e il consiglio, e saranno vita per te e grazia per il tuo volto» (Prov 3, 21-22). È perfetta e pronta l’obbedienza di colui che è disposto a obbedire non solo ai precetti, ma anche ai consigli. Ma tale prontezza si trova soltanto in chi è disposto a sottostare non solo ai superiori, ma anche agli inferiori, secondo quanto si legge nel libro dell’Ecclesiastico:
«Quanto più sei grande, tanto più umiliati; così troverai grazia davanti al Signore» (Sir 3, 18). E la ragione di ciò ci viene suggerita da Giacomo, laddove dice: «Dio resiste ai superbi; agli umili invece dà la sua grazia» (Gc 4, 6). Ecco perché la Vergine Maria fu «piena di grazia», perché fu umilissima, come predisse il profeta Isaia: «Ogni valle sarà esaltata, ogni monte e colle saranno umiliati» (Is 40, 4); per cui nel secondo libro di Samuele si legge: «O monti di Gelboe, non più rugiada né pioggia su di voi ecc.» (2 Sam 1, 21). Nulla quindi ostacola la recezione della grazia quanto il turgore della superbia, mentre invece predispone ad essa una timorosa soggezione, come si legge nel libro dell’Ecclesiastico: «Ascolta e taci, e otterrai favore per il tuo riverente riserbo» (Sir 32, 9, Vulgata). La settima disposizione consiste nel sopportare le avversità con mansueta pazienza, in assenza della quale non è possibile né ricevere né conservare la grazia, come si legge nel libro dei Proverbi: «Agli insolenti risponde con ira, ai mansueti invece concede la grazia» (Prov 3, 34), soprattutto a coloro che sopportano pazientemente insolenze e ingiurie. Si legge a tale proposito nella Prima Lettera di Pietro: «È una grazia per chi conosce Dio subire afflizioni, soffrendo ingiustamente; che gloria è infatti sopportare il castigo se avete mancato? Ma se facendo il bene sopporterete con pazienza la sofferenza, ciò sarà gradito davanti a Dio» (1 Pt 2, 19-20). Tale atteggiamento è richiesto non solo per il perfezionamento della grazia, ma anche per riceverla e conservarla, come si legge nella Lettera agli Ebrei: «Avete solo bisogno di pazienza, perché dopo aver fatto la volontà di Dio possiate raggiungere la promessa» (Eh 10, 36). «La promessa» infatti è stata fatta «ai miti e i miti possederanno la terra» (Sai 36, 11), come del resto si legge anche nel Vangelo di Matteo: «Beati i miti, perché erediteranno la terra» (Mt 5, 5), ossia la terra del proprio cuore, «poiché con la vostra pazienza possederete le vostre anime» (Le 21, 19). «Erediteranno la terra», cioè la Vergine Maria, che fu terra benedetta; la possederanno perché, essendo anche lei mite, non rifiuterà loro nulla, come afferma autorevolmente Bernardo nel passo citato. Erediteranno anche quella terra dei viventi, di cui si legge nel Salmo: «Sei tu la mia eredità nella terra dei viventi» (Sal 141, 6).
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