Da l’Anno liturgico del Ven. Dom Prosper Gueranger
Il mistero della dedicazione.
Dio ha un solo santuario degno di lui: la sua vita divina, il tabernacolo di cui è detto che egli si circonda, quando curva i cieli rende fitte le tenebre agli occhi mortali, luce inaccessibile in cui abita nella sua gloria la tranquilla Trinità. Nondimeno, o Dio altissimo, ti degni comunicare alle anime nostre questa vita divina, che i cieli non possono contenere e meno ancora la terra, e fai gli uomini partecipi della tua natura. Nulla allora impedisce che in lui risieda la Santa Trinità. Tu fin dal principio come legge del mondo in formazione all’abisso, alla terra e al cielo potevi dichiarare che le tue delizie sarebbero nello stare con i figli degli uomini. Venuta la pienezza dei tempi, Dio mandò il Figlio suo facendolo figlio di Adamo, perché nell’uomo abitasse corporalmente la pienezza della divinità. Da quel giorno la terra vinse il cielo e ogni cristiano fu partecipe di Cristo e, fatto dimora dello Spirito Santo, portò Dio nel suo corpo. Il tempio di Dio è santo, diceva l’Apostolo, e il tempio siete voi, tempio è il cristiano, tempio è l’assemblea cristiana. Poiché Gesù Cristo chiama tutta l’umanità a partecipare della sua pienezza, l’umanità a sua volta completa Cristo. Essa fu ossa delle sue ossa, carne della sua carne, un corpo solo, formando con lui l’ostia, che deve eternamente bruciare sull’altare dei cieli nel fuoco dell’amore; in quanto poi è la pietra d’angolo, su essa sono poste altre pietre viventi: l’assemblea dei predestinati, che sotto la cura degli architetti apostolici sorse tempio santo del Signore. Così la Chiesa è la Sposa e per Cristo e con Cristo è casa di Dio.
Lo è in questo misero mondo in cui si tagliano, nella fatica e nella sofferenza, le pietre elette, che saranno poi poste nel luogo previsto dal disegno di Dio (Inno di Vespro). Lo è nella felicità del cielo, dove il tempio eterno si accresce di ogni anima partita di quaggiù, in attesa che, compiuto con l’arrivo del nostro corpo immortale, sia dedicato dal nostro grande Pontefice, nel giorno della inimitabile dedicazione che chiuderà i tempi: consegna solenne del mondo riscattato e santificato al Padre che gli diede il proprio Figlio, a Dio divenuto tutto in tutti. Sarà allora evidente che la Chiesa fu l’archetipo mostrato in anticipo sulla montagna e che ogni tempio fatto da mano d’uomo non poteva essere che sua figura e ombra. Allora la profezia di san Giovanni, il prediletto, sarà realizzata: Ho veduto la città santa, la nuova Gerusalemme, che discendeva dai cieli, ornata come una sposa per lo sposo e ho udito una gran voce che veniva dal trono e diceva: Qui è il tempio di Dio.
(…) È uno degli Angeli che portano le coppe piene dell’ira di Dio che additò all’Evangelista profeta la Sposa dell’Agnello nello splendore dei suoi ricchi ornamenti (ivi 9) e la speranza di contemplarla nella sua gloria sia il nostro conforto nei giorni tristi. L’attesa della sua prossima apparizione animerà i giusti nell’ora degli ultimi combattimenti. Ma già ora, figli della Sposa, applaudiamo alla nostra Madre e questo giorno, carissimo al suo cuore, sia pari per noi alle solennità più grandi, perché ricorda e la sua nascita al fianco dall’Adamo celeste e la sua consacrazione beata che le dà diritto alle compiacenze del Padre, all’amore del Figlio, alle generosità del divino Spirito.
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