Dalle omelie di san Giovanni Paolo II (2001)
“Celebrate il Signore perché è buono, perché eterna è la sua misericordia” (Sal 117,1).
Facciamo nostra l’esclamazione del Salmista, che abbiamo cantato nel Salmo responsoriale: eterna è la misericordia del Signore! Per comprendere sino in fondo la verità di queste parole, lasciamoci condurre dalla liturgia nel cuore dell’evento di salvezza, che unisce la morte e la risurrezione di Cristo alla nostra esistenza e alla storia del mondo. Questo prodigio di misericordia ha radicalmente mutato le sorti dell’umanità. E’ un prodigio in cui si dispiega in pienezza l’amore del Padre che, per la nostra redenzione, non indietreggia neppure davanti al sacrificio del suo Figlio unigenito. Nel Cristo umiliato e sofferente credenti e non credenti possono ammirare una solidarietà sorprendente, che lo unisce alla nostra umana condizione oltre ogni immaginabile misura. La Croce, anche dopo la risurrezione del Figlio di Dio, “parla e non cessa mai di parlare di Dio-Padre, che è assolutamente fedele al suo eterno amore verso l’uomo… Credere in tale amore significa credere nella misericordia” (Dives in misericordia, 7). Vogliamo rendere grazie al Signore per il suo amore, che è più forte della morte e del peccato. Esso si rivela e si attua come misericordia nella nostra quotidiana esistenza e sollecita ogni uomo ad avere a sua volta «misericordia» verso il Crocifisso. Non è forse proprio amare Dio e amare il prossimo e persino i “nemici”, seguendo l’esempio di Gesù, il programma di vita d’ogni battezzato e della Chiesa tutta intera?
Con questi sentimenti, celebriamo la seconda Domenica di Pasqua, che (…) è chiamata anche “Domenica della Divina Misericordia”. (…) A Suor Faustina Gesù ebbe a dire un giorno: “L’umanità non troverà pace, finché non si rivolgerà con fiducia alla divina misericordia” (Diario, p. 132). La divina Misericordia! Ecco il dono pasquale che la Chiesa riceve dal Cristo risorto e che offre all’umanità, all’alba del terzo millennio.
Il Vangelo, ci aiuta a cogliere appieno il senso e il valore di questo dono. L’evangelista Giovanni ci fa come condividere l’emozione provata dagli Apostoli nell’incontro con Cristo dopo la sua risurrezione. La nostra attenzione si sofferma sul gesto del Maestro, che trasmette ai discepoli timorosi e stupefatti la missione di essere ministri della divina Misericordia. Egli mostra le mani e il costato con impressi i segni della passione e comunica loro: “Come il Padre ha mandato me anch’io mando voi” (Gv 20,21). Subito dopo “alitò su di loro e disse: Ricevete lo Spirito Santo; a chi rimetterete i peccati saranno rimessi e a chi non li rimetterete, resteranno non rimessi” (Gv 20,22-23). Gesù affida ad essi il dono di “rimettere i peccati”, dono che scaturisce dalle ferite delle sue mani, dei suoi piedi e soprattutto del suo costato trafitto. Di là un’onda di misericordia si riversa sull’intera umanità.
Riviviamo questo momento con grande intensità spirituale. Anche a noi quest’oggi il Signore mostra le sue piaghe gloriose e il suo cuore, fontana inesausta di luce e di verità, di amore e di perdono.
Views: 0