Giovedì 13 luglio a Valserena, in un giorno qualsiasi, dopo la solennità di san Benedetto e la memoria di san Giovanni Gualberto, abbiamo festeggiato con una Messa votiva allo Spirito Santo il Giubileo di sr Anna Galluzzi, storica organista da quasi cinquant’anni, sacrestana da circa venti, quindi la sua seconda dimora è quasi direttamente la chiesa. Non voleva festeggiamenti grandi, d’altra parte l’evento di un rinnovo di voti dopo cinquant’anni è in sé un evento grande. I sacerdoti concelebranti erano quelli più vicini alla comunità: don Fabio celebrante principale, don Piero nostro parroco, e don Paolo che spesso è nostro ospite… e padre David, Monaco livornese di Sept Fons che dom Guglielmo andandosene ha voluto lasciarci per qualche giorno. La Messa a orario feriale aveva gli ospiti abituali, che tutti chi più chi meno conoscono la sacrestana, e nuovamente la chiesa si è riempita di fiori… Dopo il Giubileo di Md Monica, la professione solenne di Anuarite, un’altra professione di fede e consegna di sé per amore di Cristo e della sua Chiesa.
Omelia di Don Fabio Villani
Ci stringiamo attorno alla nostra suor Anna in questa mattina, nel giorno in cui fa memoria e rende grazie al Signore per il dono dei suoi primi 50 anni di professione monastica. Tutti insieme gioiamo con lei e ci uniamo alla sua preghiera per chiedere la misericordia di Dio e la grazia di questo Giubileo. Mezzo secolo di vita, trascorso davanti a Dio nella preghiera e nel lavoro, per lungo tempo a contatto con le cose sacre della sacrestia, dell’altare, della liturgia.
Il Giubileo che celebriamo non è però solo occasione di guardare indietro, sebbene con lo sguardo della gratitudine e della riconoscenza. Lo sguardo che la Parola di Dio che abbiamo ascoltato ci chiede, è uno sguardo proteso in avanti, che nasce dalla consapevolezza che nel nostro cuore, nell’ intimo del nostro intimo, abita un desiderio che è desiderio di vita. C’è una voce che sale dal mondo, dalla storia, è un grido di gemito, di attesa, di desiderio appunto.
È prima di tutto il grido della creazione. San Paolo la immagina personificata come una donna che sta per partorire e geme e soffre nell’attesa del parto. La creazione geme tutta intera, ma non si rassegna; poiché ha qualcosa da attendere. La creazione geme, non di disperazione, ma d’impaziente attesa poiché sa, sente, che la sua schiavitù cesserà e che i suoi dolori partoriranno una vita nuova.
Insieme ad essa, gemiamo anche noi uomini, credenti aspettando con una speranza della piena adozione a figli, che si compia ciò che è già in noi per mezzo del Battesimo come primizia dello spirito. È il desiderio di ciò che sappiamo essere certo per noi, ma non ancora posseduto, come la sposa che attende lo sposo e lo attende con perseveranza, con la sua lampada accesa, vegliando, pregando e operando fino a che non si incontrerà finalmente con Lui. Un’attesa di speranza fatta con perseveranza.
Tutta la vita cristiana è protesa questo già e non ancora, tra l’oggi che vivo e il domani che attendo: “nella speranza siamo stati salvati” È un fatto che è già avvenuto nel passato e che al tempo stesso riguarda il futuro. Si è realizzato in parte, ma per il suo pieno compimento dobbiamo ancora aspettare. Ciò che si spera mantiene viva l’attesa. Ciò che si è realizzato non si spera più. Si vede qui ancora una volta la tensione· che anima la vita del cristiano.
Molto spesso, come suggerisce l’Apostolo, il nostro gemito di desiderio e di attesa non è espresso all’esterno, noi “gemiamo interiormente” e questo gemito è allo stesso tempo il segno della nostra speranza, ma anche della nostra impotenza: “non sappiamo neppure cosa sia conveniente domandare”.
Abbiamo bisogno di quell’aiuto che è Dio stesso che viene in nostro soccorso: lo Spirito di Dio “viene in aiuto alla nostra debolezza”. È questa la nostra condizione di pellegrini in questa vita terrena, coscienti del nostro limite, ma consapevoli dell’aiuto di Dio che non delude le nostre speranze. E che cosa fa lo spirito? Anche lui geme, fa suo il gemito della creazione, il nostro gemito e lo presenta a Dio perché esso trovi compimento e pienezza.
È un gemito inesprimibile, come la voce del bambino che anela e desidera anche, se non sa esprimere l’oggetto che brama.
Ciascuno di noi si può riconoscere nel linguaggio del desiderio che Gesù nel vangelo esprime con l’immagine della sete. Attratti da ciò che ci sazia, fosse anche un bicchiere d’acqua fresca in una giornata. Tutti noi abbiamo anche sperimentato periodi (per così dire) di sete interiore, un’attesa di qualcosa di più grande, un senso d’insoddisfazione profonda.
Agli inizi del V secolo, sant’Agostino scriveva: “Ci hai fatti per te, Signore, e il nostro cuore è inquieto finché non riposa in te”. Dio ci dà una sete che non può essere placata da niente se non da Lui solo.
Nel testo evangelico, Gesù parla durante una delle grandi feste ebraiche, e in particolare quella in cui il popolo di Dio fa memoria della sua traversata del deserto, liberato dalla misericordia del Signore. Ciò di cui abbiamo più bisogno nel deserto è l’acqua. E Dio ha concesso questa cosa indispensabile quando la sua gente ne aveva bisogno. Mosè, che li ha condotti attraverso il deserto, ha colpito una roccia e l’acqua è sgorgata.
Qui Gesù invita a gran voce tutti gli assetati ad andare da lui. Egli c’incontra nella nostra sete. Ci accoglie con la nostra sete, dal suo grembo sgorga un fiume di acqua che porta vita.
Giovanni allude al mistero della Pasqua. È dal grembo trafitto di Gesù in croce che sgorga acqua e sangue, e anche l’allusione alla glorificazione di Gesù ci rimanda al momento dell’offerta della sua vita, di cui facciamo memoria ogni volta che celebriamo l’Eucarestia, come questa mattina. Nella Lettera ai Romani Paolo dirà: “L’amore di Dio è stato riversato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo che ci è stato dato” (Rm 5,5).
Il nostro gemito, il nostro desiderio è colmato dall’amore di Dio che viene in contro a noi, che ci salva, ci perdona, ci rialza quando cadiamo, ci consola, fascia le nostre ferite.
É il nostro desiderio che si incontra con il desiderio di Dio per noi.
“Scrive San Benedetto che Dio si aggira in mezzo alla folla e grida (come fa Gesù) il suo desiderio di trovare un uomo che voglia la pienezza della vita e voglia essere felice. Quest’uomo Dio lo cerca come ‘suo operaio’, come uno per il quale ha già stabilito un compito, la condizione per essere utili a Dio non sono delle capacità o qualità ma semplicemente il desiderio della pienezza della·vit1: “Il Signore, cercando tra la moltitudine il suo operaio, dice: ‘C’è un uomo che vuole la vita e desidera giorni felici?’ (Salmo 33,13). Se tu rispondi ‘Io’ Dio ti dice: se vuoi avere la vita vera ed eterna, trattieni la lingua dal male e le tue labbra non proferiscano menzogna; fuggi il male e fa il bene, cerca la pace e seguila. Che cosa potrebbe esserci per noi di più dolce, fratelli carissimi, di questa voce del Signore che ci invita? Ecco, nella sua misericordia il Signore ci indica la via della vita” (Lepori).
Celebriamo allora con Suor Anna il Giubileo, con questa consapevolezza: il nostro desiderio di vita e di felicità si incontra con il desiderio di Dio che desidera per noi la pienezza della vita che si fa mendicante di quel desiderio di vita e di felicità che abita dentro il nostro cuore.
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